Desidero invitare ciascuno, nel proprio ruolo e nelle
proprie responsabilità particolari, a operare gesti di fraternità nei confronti di
coloro che sono tenuti in stato di asservimento. Chiediamoci come noi, in quanto comunità o in
quanto singoli, ci sentiamo interpellati quando, nella quotidianità, incontriamo o
abbiamo a che fare con persone che
potrebbero essere vittime del traffico di esseri umani, o
quando dobbiamo scegliere se acquistare prodotti che potrebbero ragionevolmente essere stati
realizzati attraverso lo sfruttamento di altre persone. Alcuni di noi, per indifferenza, o perché distratti
dalle preoccupazioni quotidiane, o per ragioni economiche, chiudono un occhio. Altri, invece,
scelgono di fare qualcosa di positivo, di impegnarsi nelle associazioni della società civile o di
compiere piccoli gesti quotidiani – questi gesti hanno tanto valore! – come rivolgere una parola, un
saluto, un “buongiorno” o un sorriso, che non ci costano niente ma che possono dare speranza, aprire
strade, cambiare la vita ad una persona che vive nell’invisibilità, e anche cambiare la
nostra vita nel confronto con questa realtà.
Dobbiamo riconoscere che siamo di fronte ad un fenomeno
mondiale che supera le competenze di una sola comunità o nazione. Per sconfiggerlo, occorre
una mobilitazione di dimensioni comparabili a quelle del fenomeno stesso. Per questo motivo
lancio un pressante appello a tutti gli uomini e le donne di buona volontà, e a tutti coloro che, da
vicino o da lontano, anche ai più alti livelli delle istituzioni, sono testimoni della piaga della
schiavitù contemporanea, di non rendersi complici di questo male, di non voltare lo sguardo di fronte
alle sofferenze dei loro fratelli e sorelle in umanità, privati della libertà e della dignità, ma di
avere il coraggio di toccare la carne sofferente di Cristo, che si rende visibile attraverso i volti
innumerevoli di coloro che Egli stesso chiama «questi miei fratelli più piccoli» (Mt 25,40.45).
Sappiamo che Dio chiederà a ciascuno di noi: “Che cosa hai
fatto del tuo fratello?” (cfr Gen 4,9-10).
La globalizzazione dell’indifferenza, che oggi pesa
sulle vite di tante sorelle e di tanti fratelli,
chiede a tutti noi di farci artefici di una globalizzazione
della solidarietà e della fraternità, che
possa ridare loro la speranza e far loro riprendere con
coraggio il cammino attraverso i problemi del nostro tempo e le prospettive nuove che esso porta con
sé e che Dio pone nelle nostre mani.
Dal Vaticano, 8 dicembre 2014
papa Francesco