Parrocchia S. Gerolamo Emiliani di Milano - Blog

Il Blog "Insieme per..." vuole proporre spunti di riflessione e di condivisione per costruire insieme e fare crescere la comunità della parrocchia di San Gerolamo Emiliani di Milano, contribuendo alla diffusione del messaggio evangelico.

sabato 26 luglio 2014

958 - 7 DOMENICA DOPO PENTECOSTE

In quel tempo. Il Signore Gesù passava insegnando per città e villaggi, mentre era in cammino verso Gerusalemme. Un tale gli chiese: «Signore, sono pochi quelli che si salvano?». Disse loro: «Sforzatevi di entrare per la porta stretta, perché molti, io vi dico, cercheranno di entrare, ma non ci riusciranno. Quando il padrone di casa si alzerà e chiuderà la porta, voi, rimasti fuori, comincerete a bussare alla porta, dicendo: “Signore, aprici!”. Ma egli vi risponderà: “Non so di dove siete”. Allora comincerete a dire: “Abbiamo mangiato e bevuto in tua presenza e tu hai insegnato nelle nostre piazze”. Ma egli vi dichiarerà: “Voi, non so di dove siete. Allontanatevi da me, voi tutti operatori di ingiustizia!”. Là ci sarà pianto e stridore di denti, quando vedrete Abramo, Isacco e Giacobbe e tutti i profeti nel regno di Dio, voi invece cacciati fuori. Verranno da oriente e da occidente, da settentrione e da mezzogiorno e siederanno a mensa nel regno di Dio. Ed ecco, vi sono ultimi che saranno primi, e vi sono primi che saranno ultimi». (Luca 13,22-30)

«Quanti sono i salvati? E io mi salverò?». La domanda è quella di sempre, quella che ogni generazione si pone, in modi sempre diversi. È la domanda che ogni essere umano sente nascere dal profondo del suo cuore e che esprime il desiderio d’infinito, che alberga in ciascuno di noi. Aneliamo a Dio anche senza volerlo, perché siamo fatti di lui, per questo lo desideriamo e ci interroghiamo: come potrò vederti, Dio che ti nascondi nel profondo del mio cuore? Chi potrà vederti, Dio del quale sento misteriosa e vera nostalgia? Gesù non dice quanti sono i salvati, ma come ci si salva.

Non si tratta di vedere se sono contato tra i salvati, quasi volessi un’assicurazione sul paradiso, ma di vedere se mi comporto come un salvato e Gesù nel Vangelo di oggi mi dà quattro indicazioni, per verificarlo. «Sforzatevi di entrare… molti cercheranno». La traduzione italiana qui si rivela nella sua debolezza. Sforzatevi mi fa pensare alla fatica, al dolore, che invece non c’è nelle parole di Gesù. Egli usa il verbo agonizesthe per sforzarsi. Agonizesthe richiama l’agonismo, l’entusiasmo dell’atleta o dello sportivo che non risparmia nulla per giungere alla vittoria e averne la gioia. «Cercheranno» traduce il latino quaerere, che significa «chiedere per sapere», informarsi. Gesù ci scuote: occorre desiderare con tutte le forze il Regno e non informarsi dove sia o a che ora parta il treno che porta in paradiso, per decidere se conviene o no.

Con Gesù non basta essere curiosi ma entusiasti, voler vincere la corsa della vita. La seconda indicazione: il padre di famiglia (più corretto che “padrone di casa”) chiuderà a una certa ora la porta e non servirà gridare: «Signore, aprici». Perché sono rimasti a chiacchierare fuori? Forse non gli interessava o non avevano molta voglia di entrare. Forse pensavano che quel padre poteva aspettare. Spesso siamo così anche noi: pensiamo che Dio può sempre aspettare; che prima di lui ci sono tante cose interessanti da fare e molte parole da sprecare. Quante volte anche noi stiamo sulla porta della fede, non ci decidiamo mai! «Abbiamo mangiato alla tua presenza».

Sono quelli che dicono: «Signore, noi c’eravamo. Eri bravo! Ci piaceva sentire quello che dicevi, mentre giocavamo a carte e bevevamo il bianchino!». Si può essere gente che ammira Gesù, ma non lo segue! Non basta sapere (distrattamente) cosa dice Gesù: occorre vivere quello che dice. «Verranno da oriente e da occidente» è il quarto invito: Gesù chiede di essere sempre fiduciosi. Quando i chiamati resteranno fuori, allora arriveranno da tutti gli angoli della terra, per entrare nella Casa di Dio! Non ci sarà mai fallimento per il Vangelo! Certo, occorre assumere la logica di Gesù, che ribalta il modo di pensare comune: gli ultimi non rimarranno tali, ma «saranno primi».

Il motivo ce lo dice Matteo (19,30-20,16), che riprende le stesse parole: «Sei forse invidioso, perché io sono buono?». Dio è buono: questo è il segreto di Dio e a questo ci chiama: essere buoni tra noi come lui è buono con noi. Mons. Ennio Apeciti