Parrocchia S. Gerolamo Emiliani di Milano - Blog

Il Blog "Insieme per..." vuole proporre spunti di riflessione e di condivisione per costruire insieme e fare crescere la comunità della parrocchia di San Gerolamo Emiliani di Milano, contribuendo alla diffusione del messaggio evangelico.

sabato 17 maggio 2014

935 - 5 DOMENICA DI PASQUA

Per comprendere il Vangelo di oggi (Giovanni 14,21-24) dobbiamo tenere conto della prima lettura, tratta dal capitolo 10 degli Atti degli apostoli, ove si narra il Battesimo del centurione Cornelio da parte di Pietro. Cornelio era un romano e un soldato: dunque, ciò che di meno amabile poteva esserci per un ebreo del tempo di Gesù. Cornelio apparteneva al popolo che aveva sottomesso gli ebrei e si faceva pagare pesanti tasse; i soldati, come Cornelio, spesso erano prepotenti con la povera gente e avevano diritto di saccheggio e di farsi mantenere dalla popolazione già povera.
Inoltre i romani erano idolatri, credevano in divinità così diverse e lontane dal volto purissimo del Dio degli ebrei: Giove e compagni erano corrotti e prepotenti quanto gli essere umani, mentre il Dio di Israele si presentava come un padre amorevole, come uno sposo innamorato, come colui che a ogni essere umano dice: «Tu sei prezioso per me e io ti amo» (Isaia 43,4). D’altra parte Cornelio era buono, onesto, rispettoso. Credeva nel Dio degli ebrei e leggeva con amore la Bibbia e praticava in casa e tra i suoi familiari i comandi del Signore. Gli stessi ebrei lo stimavano, ma non avrebbero potuto ammetterlo nel popolo eletto, perché non era circonciso: forse solo suo figlio sarebbe stato annoverato tra gli eletti per i meriti di Cornelio, che era anche umile e aveva accettato questa esclusione.
A lui bastava credere in quel Dio che aveva scoperto come l’unico e vero Dio. Anche Pietro aveva faticato a capire cosa fare e aveva detto: «Sto rendendomi conto che Dio non fa preferenze di persone, ma accoglie chi lo teme e pratica la giustizia». Sto rendendomi conto! Non era del tutto convinto, forse, ma allora ricordò le parole che ci propone oggi il Vangelo. Le aveva dette Gesù nell’Ultima cena ai suoi apostoli, a Pietro che gli era vicino. Gesù per sette volte aveva usato il verbo “amare”, per far capire come riconoscere chi veramente lo amava: «Chi mi ama, osserva i miei comandamenti e mette in pratica la mia parola». E per dare forza alle sue parole aveva usato il modo semitico di dire una frase e il suo contrario: «Chi mi ama osserva; chi non osserva la mia parola, non mi ama».
Dunque, la fede vera è fatta di amore e non di timore; è fatta di comunione e non di esclusione: nessuno è escluso dall’amore di Dio (neppure chi come Cornelio può sembrare un nemico e un peccatore) se cerca di fare la sua volontà, se ascolta la sua Parola e cerca di metterla in pratica ogni giorno. Chi fa così è “amato da Dio”: questo concetto è ripetuto due volte da Gesù: «Chi mi ama, sarà amato dal Padre mio». Pietro ha capito a fatica che non è la razza che ci fa figli di Dio, ma l’amarlo, il fare la sua volontà, il mettere in pratica i suoi comandamenti, che poi sono uno solo: «Ama il tuo Dio e ama il tuo prossimo e fallo con tutto te stesso». D’altra parte l’amore non conosce compromessi.
Non si ama a metà, non si può fare la volontà di Dio a metà: non si può vivere da cristiani del «sì, ma non esageriamo!». Sant’Ambrogio ripeteva spesso: «Tu sei tutto per me!». In questo modo ha cambiato il mondo. Possiamo farlo anche noi.
Mons. Ennio Apeciti