Parrocchia S. Gerolamo Emiliani di Milano - Blog

Il Blog "Insieme per..." vuole proporre spunti di riflessione e di condivisione per costruire insieme e fare crescere la comunità della parrocchia di San Gerolamo Emiliani di Milano, contribuendo alla diffusione del messaggio evangelico.

venerdì 30 maggio 2014

944 - I DISCEPOLI DI EMMAUS

Cappella del Santissimo della Cattedrale di Santa Maria Reale dell'Almudena
Madrid - Spagna
I discepoli di Emmaus, nel riconoscere il Signore allo spezzare il pane, costatarono la risurrezione. Entrambi si dirigono verso Emmaus facendo diversi commenti e analisi di ciò che è accaduto, proprio come capita nella chiesa in molti raduni ed incontri. Tutti siamo abituati a fare i nostri commenti e le nostre analisi, la nostra mente si oscura per queste preoccupazioni e i nostri gli occhi si coprono di nebbia, tanto che non sono in grado di riconoscere il Signore che cammina con loro. Credono anzi che Egli sia l’unico straniero, nonostante in realtà sia il protagonista degli avvenimenti riguardo ai quali discutono. Pian piano Lui stesso rivela loro che ciò che non riescono ad accettare è il fallimento, la crocifissione. Cristo cioè fa loro intendere che era veramente necessario che fosse inviato dal Padre per rivelare agli uomini l’amore del Padre. Perciò si consegna nelle nostre mani. E siccome siamo una generazione malvagia e peccatrice, lo abbiamo maltrattato e ucciso. Ma proprio in ciò Lui ha rivelato l’amore, lasciandosi trattare così. In quel momento i discepoli comprendono ciò che scriveranno più tardi san Giovanni e san Paolo, cioè che solo l’amore rimane e che tutto ciò che è assunto nell’amore risusciterà per la vita eterna. Perciò i discepoli, senza esitazione, si alzano e corrono verso Gerusalemme, verso la comunità. I discepoli vivono praticamente una sorta di triduo pasquale. In un certo senso, con loro succede ciò che era stata la pasqua di Cristo: passano dalla tristezza, dalla delusione, dal fallimento all'esperienza dell’amore di Dio. Da persone che si stanno allontanando dalla comunità, risuscitano come persone della comunione che tornano alla comunità per testimoniare il Risorto.
Questa scena è raffigurata secondo tale comprensione teologica. Perciò i due discepoli sono orientati verso Gerusalemme, rappresentata come chiesa. L’eucaristia è, infatti, il Corpo di Cristo e perciò anche rivelazione della verità della Chiesa. Quando si prega davanti al Santissimo, non si deve mai dimenticare che si sta contemplando anche la nostra verità, cioè noi come Chiesa, Corpo di Cristo. La devozione al Santissimo non può pertanto cadere in un misticismo individualistico, ma essere collocata in una sana dimensione ecclesiologica, apostolica e caritativa. Chi pregherà in questa cappella uscirà da essa attraverso la porta dei due discepoli di Emmaus ed entrerà nella dinamica creativa della Chiesa e, attraverso la Chiesa, di tutto il mondo in mezzo al quale la Chiesa cammina. 
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943 - 6 DOMENICA DI PASQUA

Ancora una volta ci troviamo davanti a un fatto realmente accaduto. Nel Vangelo di Luca 24,13-35 Luca precisa il nome del villaggio e la sua distanza da Gerusalemme, così come il nome di uno dei due discepoli, Cleopa. Questi doveva essere conosciuto dalla comunità dei primi cristiani e forse era ancora vivo al tempo in cui Luca scrive. Luca stesso quasi invita ad andare da lui per sentire dalla sua viva voce di quell’incontro meraviglioso. 
I due discepoli sanno tutto: che Gesù di Nazareth era «profeta potente», che la sua parola era convincente e confermata da «opere», cioè da segni prodigiosi; che è stato crocifisso per volontà «dei capi»; che quella mattina alcune donne erano andate al sepolcro e avevano avuto «una visione di angeli», che dicevano che egli era vivo e alcuni discepoli erano corsi al sepolcro e avevano confermato le parole delle donne, ma «non lo avevano visto». Anche il terzo giorno, di cui loro stessi parlano, era un segno evidente: il terzo giorno Dio si era manifestato a Mosè sul Monte Sinai (cfr Esodo 19,16); il terzo giorno Abramo era giunto alla montagna, per sacrificare il figlio Isacco e scoprire che, in realtà, Dio voleva mettere alla prova la sua fede prima di benedirlo (cfr Genesi 22,4); tre giorni Giona era rimasto nel ventre del pesce (Giona 2,1).
E conoscevano le parole del profeta Osea: «Venite, ritorniamo al Signore: egli ci ha straziato ed egli ci guarirà. Egli ci ha percosso ed egli ci fascerà. Dopo due giorni ci ridarà la vita e il terzo giorno ci farà rialzare e noi vivremo alla sua presenza. Affrettiamoci a conoscere il Signore, la sua venuta è sicura come l’aurora» (Osea6,1-3). Quante volte ci accade di sapere cosa si debba fare o dire, ma non ci decidiamo mai!
Perché, dunque, tornano a casa? La risposta è in tre verbi: «Conversavano e discutevano» e «speravamo che fosse lui». Sanno tutto, ma hanno perso la speranza, perché non si sono fidati della voce delle donne, di coloro che a quel tempo erano ritenute persone “inferiori”. E forse si influenzavano l’uno con l’altro nel pessimismo invece che incoraggiarsi a fidarsi di quelle donne. Quante volte l’annuncio dipende dalla stima che abbiamo per gli altri! Quante volte l’annuncio dipende da noi: se siamo convinti, convinciamo; se siamo incerti, mettiamo in crisi; se ci crediamo, anche la gente ci crede!
Ma Gesù ha visto i loro volti tristi, ha sentito i loro cuori scoraggiati e li accompagna come un amico, perché Dio non ama vederci tristi. Essi stessi diranno che il loro cuore ardeva, bruciava di gioia quando lo ascoltavano, dopo che egli li aveva esortati ad aprirgli i loro cuori, a parlargli. Senza saperlo, forse, essi avevano pregato come desidera Dio: la preghiera non è un parlare con il cuore a Dio che ci è Padre e Fratello e Amico? E provare gioia nell’ascoltarlo?
Mons. Ennio Apeciti

942 - APOSTOLATO DELLA PREGHIERA - GIUGNO 2014

Universale
Perché i disoccupati ottengano i l sostegno e i l lavoro di cui hanno bisogno per vivere con dignità.
 
Per l'evangelizzazione
Perché l'Europa ritrovi le sue radici cristiane attraverso la testimonianza di fede dei credenti.

lunedì 26 maggio 2014

941 - CHI SONO IO DAVANTI AL MIO SIGNORE CHE SOFFRE?

«Uscì e andò … al monte degli Ulivi; anche i discepoli lo seguirono» (Lc 22,39).
Quando giunge l’ora segnata da Dio per salvare l’umanità dalla schiavitù del peccato, Gesù si ritira qui, nel Getsemani, ai piedi del monte degli Ulivi. Ci ritroviamo in questo luogo santo, santificato dalla preghiera di Gesù, dalla sua angoscia, dal suo sudore di sangue; santificato soprattutto dal suo “sì” alla volontà d’amore del Padre. Abbiamo quasi timore di accostarci ai sentimenti che Gesù ha sperimentato in quell’ora; entriamo in punta di piedi in quello spazio interiore dove si è deciso il dramma del mondo.
In quell’ora, Gesù ha sentito la necessità di pregare e di avere accanto a sé i suoi discepoli, i suoi amici, che lo avevano seguito e avevano condiviso più da vicino la sua missione. Ma qui, al Getsemani, la sequela si fa difficile e incerta; c’è il sopravvento del dubbio, della stanchezza e del terrore. Nel succedersi incalzante della passione di Gesù, i discepoli assumeranno diversi atteggiamenti nei confronti del Maestro: atteggiamenti di vicinanza, di allontanamento, di incertezza.
Farà bene a tutti noi, vescovi, sacerdoti, persone consacrate, seminaristi, in questo luogo, domandarci: chi sono io davanti al mio Signore che soffre?
Sono di quelli che, invitati da Gesù a vegliare con Lui, si addormentano, e invece di pregare cercano di evadere chiudendo gli occhi di fronte alla realtà?
O mi riconosco in quelli che sono fuggiti per paura, abbandonando il Maestro nell’ora più tragica della sua vita terrena?
C’è forse in me la doppiezza, la falsità di colui che lo ha venduto per trenta monete, che era stato chiamato amico, eppure ha tradito Gesù?
Mi riconosco in quelli che sono stati deboli e lo hanno rinnegato, come Pietro? Egli poco prima aveva promesso a Gesù di seguirlo fino alla morte (cfr Lc 22,33); poi, messo alle strette e assalito dalla paura, giura di non conoscerlo.
Assomiglio a quelli che ormai organizzavano la loro vita senza di Lui, come i due discepoli di Emmaus, stolti e lenti di cuore a credere nelle parole dei profeti (cfr Lc 24,25)?
Oppure, grazie a Dio, mi ritrovo tra coloro che sono stati fedeli sino alla fine, come la Vergine Maria e l’apostolo Giovanni? Quando sul Golgota tutto diventa buio e ogni speranza sembra finita, solo l’amore è più forte della morte. L’amore della Madre e del discepolo prediletto li spinge a rimanere ai piedi della croce, per condividere fino in fondo il dolore di Gesù.
Mi riconosco in quelli che hanno imitato il loro Maestro fino al martirio, testimoniando quanto Egli fosse tutto per loro, la forza incomparabile della loro missione e l’orizzonte ultimo della loro vita?
L’amicizia di Gesù nei nostri confronti, la sua fedeltà e la sua misericordia sono il dono inestimabile che ci incoraggia a proseguire con fiducia la nostra sequela di Lui, nonostante le nostre cadute, i nostri errori, anche i nostri tradimenti.
Ma questa bontà del Signore non ci esime dalla vigilanza di fronte al tentatore, al peccato, al male e al tradimento che possono attraversare anche la vita sacerdotale e religiosa. Tutti noi siamo esposti al peccato, al male, al tradimento. Avvertiamo la sproporzione tra la grandezza della chiamata di Gesù e la nostra piccolezza, tra la sublimità della missione e la nostra fragilità umana. Ma il Signore, nella sua grande bontà e nella sua infinita misericordia, ci prende sempre per mano, perché non affoghiamo nel mare dello sgomento. Egli è sempre al nostro fianco, non ci lascia mai soli. Dunque, non lasciamoci vincere dalla paura e dallo sconforto, ma con coraggio e fiducia andiamo avanti nel nostro cammino e nella nostra missione.
Voi, cari fratelli e sorelle, siete chiamati a seguire il Signore con gioia in questa Terra benedetta! E’ un dono e anche è una responsabilità. La vostra presenza qui è molto importante; tutta la Chiesa vi è grata e vi sostiene con la preghiera. Da questo luogo santo, desidero inoltre rivolgere un affettuoso saluto a tutti i cristiani di Gerusalemme: vorrei assicurare che li ricordo con affetto e che prego per loro, ben conoscendo la difficoltà della loro vita nella città. Li esorto ad essere testimoni coraggiosi della passione del Signore, ma anche della sua Risurrezione, con gioia e nella speranza.
Imitiamo la Vergine Maria e San Giovanni, e stiamo accanto alle tante croci dove Gesù è ancora crocifisso. Questa è la strada nella quale il nostro Redentore ci chiama a seguirlo: non ce n’è un’altra, è questa!
«Se uno mi vuole servire, mi segua, e dove sono io, là sarà anche il mio servitore» (Gv 12,26).
papa Francesco
Chiesa del Getsemani accanto all'Orto degli Ulivi (Jerusalem)
Lunedì, 26 maggio 2014

940 - MADRE DI DIO AFFRETTATI AD INTERCEDERE

Soccorso infallibile dei cristiani,
Intercessione perpetua presso il Creatore,
Non disprezzare la voce supplicante dei peccatori,
Ma affrettati, nella tua bontà, a soccorrerci,
Noi che, con fiducia, ti gridiamo :
Affrettati ad intercedere e supplicare
Madre di Dio, veglia instancabilmente su tutti coloro che ti onorano.

Tropario della Madre di Dio,
Divina Liturgia di San Giovanni Crisostomo

939 - AFFIDIAMOCI A MARIA

Affidarsi a Maria è un gesto filiale che rivela sicura fiducia, pienezza di amore e appartenenza totale. Lo suggeriva anche Don Bosco nel 1869, proponendo “un atto di filiazione con cui si prende per madre Maria Vergine”. (Letture cattoliche 1869, pag. 57).
“Affidarsi a Maria è iniziare un rapporto di affetto, di donazione, di disponibilità, di appartenenza, di appoggio al patrocinio di Maria, la collaboratrice di Cristo” (Giovanni Paolo II, 8-12-1981).
Affidiamoci dunque a Maria che come dice il Concilio, “Assunta in cielo... continua ad ottenere la grazia della salute eterna... si prende cura dei fratelli del Figlio suo ancora peregrinanti e posti in mezzo a pericoli e affanni, fino a che non siano condotti alla patria beata” (LG 62).
Imitiamo Maria
Come cristiani, riconosciamo che Maria, per disposizione del beneplacito di Dio “occupa un posto singolare nella storia della salvezza” e nella costruzione della Chiesa lungo i secoli, posto perfettamente descritto in sintesi nell’ultimo capitolo della “Lumen Gentium”.
In quanto è stata la prima redenta e la prima cristiana, Maria si presenta a noi come il modello più perfetto dopo Cristo stesso, e quindi noi troviamo in Lei il modello più riuscito della santità. Con una sintesi, che ci richiama ai momenti principali della vita di Maria, esponiamo gli “atteggiamenti e i sentimenti” che dobbiamo “contemplare” e “imitare” in Lei:
-La sua fede: il suo modo cioè di “accogliere la Parola” e di custodirla nel cuore.
-La sua gioia per le meraviglie operate dal Padre: questo ci richiama il canto del “Magnificat” e ci suggerisce l’atteggiamento interiore di lode e di adorazione per Dio che ci colma di tanti doni.
-La sua sollecitudine per i bisogni: pensiamo alla Vergine della Visitazione e alla sua presenza materna alle nozze di Canaan.
-La sua fedeltà nell’ora della Croce, momento decisivo della sua partecipazione alla “salvezza” del mondo: “Presso la croce stava sua Madre” (Io, 19.25).
-La risposta della nostra devozione
Dalla contemplazione di Maria nei due misteri tramandatici più frequentemente dalla nostra tradizione (Immacolata - Ausiliatrice), noi ricaviamo due serie di benefici:
In quanto Immacolata, Essa ci “educa alla pienezza della nostra donazione al Signore”.
In quanto Ausiliatrice, Essa ci educa al servizio dell’espansione del Regno del Figlio suo, Essa ci stimola a dedicarci all’apostolato a favore dei fratelli.
“Il nostro amore per Maria non è una specie di compensazione affettiva e neppure soltanto un incoraggiamento alle virtù private”. È in profonda coerenza con la nostra vocazione cristiana, che, come dice la “Lumen Gentium”, è impegno a “spargere, quanto è possibile, la fede...” e “contribuire, quasi dall’interno a modo di fermento, alla santificazione del mondo”, e “manifestare Cristo agli altri, principalmente con la testimonianza della vita, col fulgore della fede, della speranza e della carità” (LG 362-363).
La nostra devozione alla Madonna, si manifesta anche in atteggiamenti ed atti, che esprimono la gioia di aver ricevuto dal Signore il dono di questa Madre.
Si tratta di una devozione “filiale e forte”: due aggettivi che indicano insieme la tenerezza verso Colei che è “Madre amabile” e il coraggio di imitarla nella sua totale dedizione alla volontà di Dio.
Presenza di Maria nell’itinerario cristiano
Nell’itinerario del cristiano, il rapporto con Maria si impone come imperativo della fede, ma anche quale elemento di santità e stimolo di impegno e di speranza. Esso infatti promuove
gli scopi di ogni autentica azione pastorale: liberare dal peccato, aiutare l’assimilazione degli atteggiamenti evangelici, sostenere la crescita dell’amicizia con Dio.
Amiamo la Madonna. Prendiamola in casa, perché sia per ognuno di noi guida sicura nel cammino verso la santità, ricordandoci quanto dice ancora il Concilio: “La vera devozione non consiste né in uno sterile e passeggero sentimentalismo, né in una certa qual vana credulità, ma bensì procede dalla fede vera, dalla quale siamo portati a riconoscere la preminenza della Madre di Dio, e siamo spinti al filiale amore verso la Madre nostra e all’imitazione delle sue virtù” (LG 443).
Pietro Ponzo SDB
Da: “RIVISTA MARIA AUSILIATRICE”, 2000-1

938 - LA MADONNA CON IL BAMBINO E SAN GIOVANNI


Correggio - Madonna con il Bambino e San Giovanni
Madrid, Museo del Prado
La Madonna col Bambino e san Giovannino è un dipinto a olio su tavola (48x37 cm) di Correggio, databile al 1518 circa e conservato nel Museo del Prado di Madrid.
Il dipinto fu portato in Spagna da Isabella Farnese in occasione del suo trasferimento da Parma, come seconda moglie del re Filippo V. È registrato fra i suoi beni a La Granja nel 1746. Stilisticamente l’opera è prossima agli affreschi della Camera di san Paolo e il fatto che abbia costituito un modello per Michelangelo Anselmi fa pensare che il Correggio possa averla dipinta a Parma. Fra tutti i dipinti del Correggio a questo spetta il posto d’onore per dimostrare quanto attentamente l’artista guardasse alla lezione di Leonardo.
Si tratta infatti una libera variazione sul tema offerto dalla Vergine delle rocce del maestro toscano, un’opera che costituì un modello di ispirazione anche per alcuni lavori giovanili del Correggio. Ricordano da vicino quel capolavoro di Leonardo l’ambientazione nella grotta e il modo di rendere il rapporto intimo fra figure e paesaggio, nonché il volto della Vergine con quello sguardo abbassato che divenne una cifra stilistica di molte Madonne dipinte dal Correggio. Soprattutto il tema dell’incontro fra i due bambini nella grotta conobbe, grazie a Leonardo, una grande popolarità fra i cosiddetti “leonardeschi”.
Qui Maria è vergine e madre (da una parte ha la treccia legata verso l'alto, e dall'altra i capelli sciolti); è regina ed umile (ha un sandalo prezioso e l'altro piede nudo); è umana e divinizzata (ha la tunica cinerina ed è avvolta dal manto blu di significato divino). L'incontro dei due fanciulli ricorda la convergenza dei due testamenti biblici con Gesù che si rivela come Dio-Salvatore, accettando a braccia aperte la croce portagli dal Battista. Qui ancora l'oscurità ove giacevano i popoli (la grotta) si apre verso un'aurora che è simbolo della nuova era. Le tre figure sono investite frontalmente e dall'alto da una luce sovrumana, che accende l'oro vibrante delle tre capigliature. La fisionomia con le guance piene del Bambino rimanda a diverse opere di quegli anni, a partire dalla Madonna di San Francesco.

sabato 24 maggio 2014

937 - GESU' DONA IL PARACLITO

Nel Vangelo abbiamo ascoltato la promessa di Gesù ai discepoli: «Io pregherò il Padre ed egli vi darà un altro Paraclito perché rimanga con voi per sempre» (Gv 14,16). Il primo Paraclito è Gesù stesso; l’«altro» è lo Spirito Santo. Qui ci troviamo non lontano dal luogo in cui lo Spirito Santo discese con potenza su Gesù di Nazareth, dopo che Giovanni lo ebbe battezzato nel fiume Giordano (cfr Mt 3,16), e oggi mi recherò li. Dunque il Vangelo di questa domenica, e anche questo luogo nel quale grazie a Dio mi trovo pellegrino, ci invitano a meditare sullo Spirito Santo, su ciò che Egli compie in Cristo e in noi, e che possiamo riassumere in questo modo: lo Spirito compie tre azioni: prepara, unge e invia.
Nel momento del battesimo, lo Spirito si posa su Gesù per prepararlo alla sua missione di salvezza; missione caratterizzata dallo stile del Servo umile e mite, pronto alla condivisione e alla donazione totale di sé. Ma lo Spirito Santo, presente fin dall’inizio della storia della salvezza, aveva già operato in Gesù nel momento del suo concepimento nel grembo verginale di Maria di Nazareth, realizzando l’evento mirabile dell’Incarnazione: “lo Spirito Santo ti colmerà, ti adombrerà – dice l’Angelo a Maria – e tu partorirai un Figlio al quale porrai nome Gesù” (cfr Lc 1,35). In seguito, lo Spirito Santo aveva agito in Simeone e Anna nel giorno della presentazione di Gesù al Tempio (cfr Lc 2,22). Entrambi in attesa del Messia; entrambi ispirati dallo Spirito Santo, Simeone ed Anna alla vista del Bambino intuiscono che è proprio l’Atteso da tutto il popolo. Nell’atteggiamento profetico dei due vegliardi si esprime la gioia dell’incontro con il Redentore e si attua in certo senso una preparazione dell’incontro tra il Messia e il popolo.
I diversi interventi dello Spirito Santo fanno parte di un’azione armonica, di un unico progetto divino d’amore. La missione dello Spirito Santo, infatti, è digenerare armonia – Egli stesso è armonia – e di operare la pace nei differenti contesti e tra i soggetti diversi. La diversità di persone e di pensiero non deve provocare rifiuto e ostacoli, perché la varietà è sempre arricchimento. Pertanto, oggi, invochiamo con cuore ardente lo Spirito Santo, chiedendogli di preparare la strada della pace e dell’unità.
In secondo luogo, lo Spirito Santo unge. Ha unto interiormente Gesù, e unge i discepoli, perché abbiano gli stessi sentimenti di Gesù e possano così assumere nella loro vita atteggiamenti che favoriscono la pace e la comunione. Con l’unzione dello Spirito, la nostra umanità viene segnata dalla santità di Gesù Cristo e ci rende capaci di amare i fratelli con lo stesso amore con cui Dio ci ama. Pertanto, è necessario porre gesti di umiltà, di fratellanza, di perdono, di riconciliazione. Questi gesti sono premessa e condizione per una pace vera, solida e duratura. Chiediamo al Padre di ungerci affinché diventiamo pienamente suoi figli, sempre più conformi a Cristo, per sentirci tutti fratelli e così allontanare da noi rancori e divisioni e poter amarci fraternamente. È quanto ci ha chiesto Gesù nel Vangelo: «Se mi amate, osserverete i miei comandamenti; e io pregherò il Padre ed egli vi darà un altro Paràclito, perché rimanga con voi per sempre» (Gv 14,15-16).
E infine lo Spirito Santo invia. Gesù è l’Inviato, pieno dello Spirito del Padre. Unti dallo stesso Spirito, anche noi siamo inviati come messaggeri e testimoni di pace. Quanto bisogno ha il mondo di noi come messaggeri di pace, come testimoni di pace! E’ una necessità che ha il mondo. Anche il mondo ci chiede di fare questo: portare la pace, testimoniare la pace!
La pace non si può comperare, non si vende. La pace è un dono da ricercare pazientemente e costruire “artigianalmente” mediante piccoli e grandi gesti che coinvolgono la nostra vita quotidiana. Il cammino della pace si consolida se riconosciamo che tutti abbiamo lo stesso sangue e facciamo parte del genere umano; se non dimentichiamo di avere un unico Padre nel cielo e di essere tutti suoi figli, fatti a sua immagine e somiglianza.
In questo spirito abbraccio tutti voi: il Patriarca, i fratelli Vescovi, i sacerdoti, le persone consacrate, i fedeli laici, i tanti bambini che oggi ricevono la Prima Comunione e i loro familiari. Il mio cuore si rivolge anche ai numerosi rifugiati cristiani; anche tutti noi, con il nostro cuore, rivolgiamoci a loro, ai numerosi rifugiati cristiani provenienti dalla Palestina, dalla Siria e dall’Iraq: portate alle vostre famiglie e comunità il mio saluto e la mia vicinanza.
Cari amici, cari fratelli, lo Spirito Santo è disceso su Gesù presso il Giordano e ha dato avvio alla sua opera di redenzione per liberare il mondo dal peccato e dalla morte. A Lui chiediamo di preparare i nostri cuori all’incontro con i fratelli al di là delle differenze di idee, lingua, cultura, religione; di ungere tutto il nostro essere con l’olio della sua misericordia che guarisce le ferite degli errori, delle incomprensioni, delle controversie; la grazia di inviarci con umiltà e mitezza nei sentieri impegnativi ma fecondi della ricerca della pace. Amen!
(Papa Francesco, Santa Messa all'International Stadium di Amman)

936 - PAPA FRANCESCO IN TERRA SANTA

 
ACCOMPAGNIAMO CON LA PREGHIERA PAPA FRANCESCO NEL SUO PELLEGRINAGGIO IN TERRA SANTA (24-26 MAGGIO 2014)

sabato 17 maggio 2014

935 - 5 DOMENICA DI PASQUA

Per comprendere il Vangelo di oggi (Giovanni 14,21-24) dobbiamo tenere conto della prima lettura, tratta dal capitolo 10 degli Atti degli apostoli, ove si narra il Battesimo del centurione Cornelio da parte di Pietro. Cornelio era un romano e un soldato: dunque, ciò che di meno amabile poteva esserci per un ebreo del tempo di Gesù. Cornelio apparteneva al popolo che aveva sottomesso gli ebrei e si faceva pagare pesanti tasse; i soldati, come Cornelio, spesso erano prepotenti con la povera gente e avevano diritto di saccheggio e di farsi mantenere dalla popolazione già povera.
Inoltre i romani erano idolatri, credevano in divinità così diverse e lontane dal volto purissimo del Dio degli ebrei: Giove e compagni erano corrotti e prepotenti quanto gli essere umani, mentre il Dio di Israele si presentava come un padre amorevole, come uno sposo innamorato, come colui che a ogni essere umano dice: «Tu sei prezioso per me e io ti amo» (Isaia 43,4). D’altra parte Cornelio era buono, onesto, rispettoso. Credeva nel Dio degli ebrei e leggeva con amore la Bibbia e praticava in casa e tra i suoi familiari i comandi del Signore. Gli stessi ebrei lo stimavano, ma non avrebbero potuto ammetterlo nel popolo eletto, perché non era circonciso: forse solo suo figlio sarebbe stato annoverato tra gli eletti per i meriti di Cornelio, che era anche umile e aveva accettato questa esclusione.
A lui bastava credere in quel Dio che aveva scoperto come l’unico e vero Dio. Anche Pietro aveva faticato a capire cosa fare e aveva detto: «Sto rendendomi conto che Dio non fa preferenze di persone, ma accoglie chi lo teme e pratica la giustizia». Sto rendendomi conto! Non era del tutto convinto, forse, ma allora ricordò le parole che ci propone oggi il Vangelo. Le aveva dette Gesù nell’Ultima cena ai suoi apostoli, a Pietro che gli era vicino. Gesù per sette volte aveva usato il verbo “amare”, per far capire come riconoscere chi veramente lo amava: «Chi mi ama, osserva i miei comandamenti e mette in pratica la mia parola». E per dare forza alle sue parole aveva usato il modo semitico di dire una frase e il suo contrario: «Chi mi ama osserva; chi non osserva la mia parola, non mi ama».
Dunque, la fede vera è fatta di amore e non di timore; è fatta di comunione e non di esclusione: nessuno è escluso dall’amore di Dio (neppure chi come Cornelio può sembrare un nemico e un peccatore) se cerca di fare la sua volontà, se ascolta la sua Parola e cerca di metterla in pratica ogni giorno. Chi fa così è “amato da Dio”: questo concetto è ripetuto due volte da Gesù: «Chi mi ama, sarà amato dal Padre mio». Pietro ha capito a fatica che non è la razza che ci fa figli di Dio, ma l’amarlo, il fare la sua volontà, il mettere in pratica i suoi comandamenti, che poi sono uno solo: «Ama il tuo Dio e ama il tuo prossimo e fallo con tutto te stesso». D’altra parte l’amore non conosce compromessi.
Non si ama a metà, non si può fare la volontà di Dio a metà: non si può vivere da cristiani del «sì, ma non esageriamo!». Sant’Ambrogio ripeteva spesso: «Tu sei tutto per me!». In questo modo ha cambiato il mondo. Possiamo farlo anche noi.
Mons. Ennio Apeciti

domenica 11 maggio 2014

934 - LE SETTE INVOCAZIONI DELLA NOVENA ALLA SANTISSIMA VERGINE DEL ROSARIO DI FATIMA

Fatima
I Invocazione
O Vergine SS.ma del Rosario di Fatima, per dare al travaglio nostro secolo ancora un segno delle vostre tenerezze e premure materne, vi sce­glieste tre innocenti pastorelli dell'ignorato villag­gio di Fatima in Portogallo, perché vi compiaceste scegliere le cose deboli del mondo per confondere le forti, e li faceste disporre da angeliche apparizio­ni alla eletta missione. O Madre buona, fateci com­prendere e gustare la parola di Gesù: «Se non dive­nite come bambini, non potrete entrare nel regno dei cieli»; sicché con cuore puro ed umile, ed ani­mo docile e semplice, meritiamo di accogliere il vo­stro materno Messaggio d'amore.
Mater amabilis, ora pro nobis.
Ave Maria...

II Invocazione
O Vergine SS.ma del Rosario di Fatima, spinta dall'amor che ci portate, vi degnaste scende­re dal Cielo, dove siete gloriosa col vostro Divin Fi­glio, come Figlia dell'Eterno Padre e Immacolata Sposa dello Spirito Santo; e servendovi dei tre in­nocenti pastorelli della Cova d'Iria, veniste ad esortarci a far penitenza dei nostri peccati, a cam­biar vita ed a mirare ai godimenti eterni del Cielo per cui Dio ci ha creati e che è vera patria nostra. O Madre buona, Vi ringraziamo di tanta materna condiscendenza e Vi preghiamo a tenerci stretti sotto il Vostro Manto, per non farci sedurre dalla tentazione, ed otteneteci la santa perseveranza fi­nale, che ci assicura il Cielo.
Janua coeli, ora pro nobis.
Ave Maria..

III Invocazione
O Vergine SS.ma del Rosario di Fatima, nella seconda apparizione assicuraste la salvezza eterna ai piccoli vostri confidenti, tranquillizzaste Lucia con la solenne promessa che non l'avreste mai abbandonata durante il terreno pellegrinaggio, perché il vostro Cuore Immacolato sarebbe stato il suo rifugio e la via che l'avrebbe condotta a Dio; e mostraste loro questo Cuore circondato di spine. O Madre buona, concedete anche a noi, vostri inde­gni figli, la medesima assicurazione, sicché rifugia­ti quaggiù nel vostro Cuore Immacolato, lo possia­mo consolare col nostro amore e la nostra fedeltà avvenire, distruggendo le acute spine che Gli ab­biamo procurato con tante nostre mancanze.
Dolce cuore di Maria, siate la salvezza mia.
Ave Maria.

IV Invocazione
O Vergine SS.ma del Rosario di Fatima, nella terza apparizione veniste a ricordarci che nei tristi frangenti dei Divini castighi, come la guerra e le sue tristi conseguenze, siete Voi sola che pote­te venire in nostro aiuto; ma ci avete insieme mo­strato che i castighi temporali son ben poca cosa di fronte al tremendo castigo della perdizione eterna, nell'inferno.
O Madre buona, riempiteci del santo timor fi­liale dei castighi di Dio, fateci concepire un odio sommo al peccato, che li provoca, così da farci ac­cettare con cuore umiliato e compunto i castighi temporali ed evitare le pene eterne dell'inferno; mentre ripetiamo la preghiera insegnata da voi: «O Gesù, perdonate le nostre colpe, preservateci dal fuoco dell'inferno, portate in Cielo tutte le anime, specialmente le più bisognose della vostra miseri­cordia». Ave Maria..

V Invocazione
O Vergine SS.ma del Rosario di Fatima, la persecuzione spietata contro i vostri piccoli predi­letti e la loro prigionia; faceste servire a confonde­re l'orgoglio dei perversi, a perfezionare la immola­zione dei tre innocenti ed affinare la loro virtù, ed a rendere più vasta ed efficace la risonanza della vostra materna esortazione alla preghiera e al sa­crificio per la conversione dei peccatori. Noi acco­gliamo, o Madre, nel nostro così misero e freddo, l'eco ineffabile del vostro Cuore ardente, per la conversione dei nostri fratelli erranti; ed offriamo i nostri piccoli sacrifici e croci quotidiane in ispirito di riparazione. Che tutti si convertano, o Madre, e trionfi di tutte le resistenze alla grazia il vostro Cuore Immacolato, mentre ripetiamo l'invocazione insegnata da Voi: «O Gesù, è per vostro amore e per la conversione dei peccatori e in riparazione delle offese che si fanno contro l'Immacolato Cuore di Maria».
Ave Maria..

VI Invocazione
O Vergine SS.ma del Rosario di Fatima, nella quinta apparizione non vi contentaste di ri­petere ai vostri prediletti fanciulli la esortazione alla recita del Santo Rosario e la promessa del pro­digio del prossimo tredici ottobre; ma voleste dare anche alle folle, che sempre più numerose parteci­pavano alla scena della celeste conversazione, un segno della vostra presenza più impressionante del solito. Sotto la forma d'un globo luminoso tutti vi videro discendere dal Cielo, e dopo il materno col­loquio con i tre bimbi, risalire per le vie del sole, mentre dal cielo piovevano candidi aerei fiori eva­nescenti. Così Vi compiacete di incoraggiare la no­stra debole fede! O Madre buona, Vi ringraziamo del dono ineffabile della S. Fede, oggi da tanti erro­ri e da tante seduzioni insidiato. Fate che sempre conserviamo sottomessa la nostra mente alle verità da Dio rivelate e che la Chiesa ci propone a crede­re, senza bisogno d'attendere prodigi; così da meri­tar l'elogio di Gesù: «Beati quelli che crederanno senza bisogno di vedere». E per questo ripetiamo la preghiera dell'Angelo della Pace: «Mio Dio, io cre­do, adoro, spero, Vi amo, Vi domando perdono per quelli che non credono, non adorano, non sperano, non Vi amano».
Ave Maria..

VII Invocazione
O dolce Madre nostra Maria, Voi apparendo per l'ultima volta alla Cova da Iria ai tre fortunati bambini di Fatima, voleste rivelarvi sotto il titolo di: Madonna del Rosario. In questo titolo, Voi avete voluto racchiudere tutto il segreto di nostra salvezza, e tutte le risor­se di nostra forza nelle prove terribili che si sareb­bero abbattute sul nostro capo. Siate, dunque la nostra guida, la nostra luce, la nostra speranza. Noi, o Madonna del Rosario di Fatima, invocando­vi con questo bel nome troviamo dolcezza per il nostro cuore, nel tempo di amarezza; forza per la nostra debolezza nei momenti pericolosi e difficili; speranza di salute e di salvezza nel turbinio peri­glioso della vita; conforto durante l'abbattimento e il terrore; luce nei dubbi e nelle perplessità; trion­fo nelle lotte contro la carne, il Mondo, Satana. Noi, o Madonna del Rosario di Fatima, non ci stancheremo di chiamarvi con questo bel Nome. Esso sarà sempre sulle nostre labbra in cima ai no­stri pensieri qual pernio della nostra vita. Il Santo Rosario, tanto da Voi raccomandato, sarà la nostra preghiera quotidiana e sovrana. Noi o Maria, col Vostro Rosario in mano, stretti a Voi d'intorno, non ci allontaneremo un solo istante da Voi. Ripe­tendovi con sempre crescente affetto Madonna del Rosario di Fatima, pregate per noi!...
Ave Maria..

Da pregare per nove giorni consecutivi.

Tratta da: “Opera Madonna di Fatima” dei PP. Rogazionisti

933 - VI CHIEDO DI IMPORTUNARE I PASTORI

Cari fratelli e sorelle, buongiorno!
L’evangelista Giovanni ci presenta, in questa IV domenica del tempo pasquale, l’immagine di Gesù Buon Pastore. Contemplando questa pagina del Vangelo, possiamo comprendere il tipo di rapporto che Gesù aveva con i suoi discepoli: un rapporto basato sulla tenerezza, sull’amore, sulla reciproca conoscenza e sulla promessa di un dono incommensurabile: «Io sono venuto – dice Gesù – perché abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza» (Gv 10,10). Tale rapporto è il modello delle relazioni tra i cristiani e delle relazioni umane.
Molti anche oggi, come ai tempi di Gesù, si propongono come “pastori” delle nostre esistenze; ma solo il Risorto è il vero Pastore, che ci dà la vita in abbondanza. Invito tutti ad avere fiducia nel Signore che ci guida. Ma non solo ci guida: egli ci accompagna, cammina con noi. Ascoltiamo con mente e cuore aperti la sua Parola, per alimentare la nostra fede, illuminare la nostra coscienza e seguire gli insegnamenti del Vangelo.
In questa domenica preghiamo per i Pastori della Chiesa, per tutti i Vescovi, compreso il Vescovo di Roma, per tutti i sacerdoti, per tutti! In particolare preghiamo per i nuovi sacerdoti della Diocesi di Roma,  che ho ordinato poco fa, nella Basilica di San Pietro. Un saluto a questi 13 sacerdoti! Il Signore aiuti noi pastori ad essere sempre fedeli al Maestro e guide sagge e illuminate del popolo di Dio a noi affidato. Anche a voi, per favore, chiedo di aiutarci: aiutarci ad essere buoni pastori. Una volta ho letto una cosa bellissima di come il popolo di Dio aiuta i vescovi e i sacerdoti ad essere buoni pastori. E’ uno scritto di San Cesario di Arles, un padre dei primi secoli della Chiesa. Lui spiegava come il popolo di Dio deve aiutare il pastore, e faceva questo esempio: quando il vitellino ha fame va dalla mucca, dalla madre, a prendere il latte. La mucca, però, non lo dà subito: sembra che se lo trattenga per sé. E cosa fa il vitellino? Bussa col suo naso alla mammella della mucca, perché venga il latte. E’ bella l’immagine! “Così voi – dice questo santo – dovete essere con i pastori: bussare sempre alla loro porta, al loro cuore, perché vi diano il latte della dottrina, il latte della grazia e il latte della guida”. E vi chiedo, per favore, di importunare i pastori, di disturbare i pastori, tutti noi pastori, perché possiamo dare a voi il latte della grazia, della dottrina e della guida. Importunare! Pensate a quella bella immagine del vitellino, come importuna la mamma perché gli dia da mangiare.
Ad imitazione di Gesù, ogni Pastore «a volte si porrà davanti per indicare la strada e sostenere la speranza del popolo – il pastore deve essere avanti a volte – altre volte starà semplicemente in mezzo a tutti con la sua vicinanza semplice e misericordiosa, e in alcune circostanze dovrà camminare dietro al popolo, per aiutare coloro che sono rimasti indietro» (Esort. ap.
Evangelii gaudium, 31). Che tutti i Pastori siano così! Ma voi importunate i pastori, perché diano la guida della dottrina e della grazia.
In questa domenica ricorre la Giornata mondiale di preghiera per le vocazioni. Nel
Messaggio di quest’anno ho ricordato che «ogni vocazione richiede in ogni caso un esodo da sé stessi per centrare la propria esistenza su Cristo e sul suo Vangelo» (n. 2). Per questo la chiamata a seguire Gesù è nello stesso tempo entusiasmante e impegnativa. Perché si realizzi, è necessario sempre entrare in profonda amicizia con il Signore per poter vivere di Lui e per Lui.
Preghiamo perché anche in questo tempo, tanti giovani sentano la voce del Signore, che ha sempre il rischio di venire come soffocata da tante altre voci. Preghiamo per i giovani: forse qui in Piazza c’è qualcuno che sente questa voce del Signore che lo chiama al sacerdozio; preghiamo per lui, se è qui, e per tutti i giovani che sono chiamati.
papa Francesco, Regina Coeli 11 maggio 2014

giovedì 1 maggio 2014

932 - BEATA TE CHE HAI CREDUTO

...Non è facile credere!
Non è cosi, Maria?
Non è cosi anche per te?

Non c'è fatica più grande sulla terra della fatica di credere, sperare, amare: tu lo sai.
Aveva ragione tua cugina Elisabetta a dirti: «Beata te che hai creduto!»
Si, Maria, beata te che hai creduto.

Beata te che mi aiuti a credere, beata te che hai avuto la forza di accettare tutto il mistero della Natività e di avere avuto il coraggio di prestare il tuo corpo ad un simile avvenimento che non ha limiti nella sua grandiosità e nella sua inverosimile piccolezza.

Nell'incarnazione gli estremi si sono toccati e l'infinitamente lontano si è fatto l'infinitamente vicino, e l'infinitamente potente si è fatto l'infinitamente povero.
Maria, capisci cosa hai fatto?

Sei riuscita a star ferma sotto il peso di un mistero senza confini.
Sei riuscita a non tremare davanti alla luce dell'Eterno che cercava il tuo ventre come casa per riscaldarsi.
Sei riuscita a non morire di paura davanti al ghigno di Satana che ti diceva che era cosa impossibile che la trascendenza di Dio potesse incarnarsi nella sporcizia dell'umanità.
Che coraggio, Maria!

Solo la tua umiltà poteva aiutarti a sopportare simile urto di luce e di tenebra.

Carlo Carretto