Parrocchia S. Gerolamo Emiliani di Milano - Blog

Il Blog "Insieme per..." vuole proporre spunti di riflessione e di condivisione per costruire insieme e fare crescere la comunità della parrocchia di San Gerolamo Emiliani di Milano, contribuendo alla diffusione del messaggio evangelico.

mercoledì 16 aprile 2014

915 - L'ULTIMA CENA

Tintoretto - Ultima Cena
Ci lasciamo aiutare da ”Ultima cena” del Tintoretto (1518-1594) esposta nella chiesa di San Giorgio a Venezia.
Jacopo Robusti detto il Tintoretto perché figlio di un tintore, nasce proprio nell’anno in cui in Germania Martin Lutero espone sulla porta del Duomo di Wittenberg le sue tesi che danno origine alla riforma protestante, di cui un punto fondamentale è la negazione della transustanziazione, ossia del passaggio del pane e del vino in corpo e sangue di Gesù durante la consacrazione.
Il pittore dipinse più volte questo episodio evangelico: lo si può ammirare in alcune chiese di Venezia e soprattutto nella Scuola grande di San Rocco, ma in tutte non troviamo la luce presente in quelle di San Giorgio, una delle sue ultime opere prima della morte avvenuta nel maggio del 1594.

Siamo nella stanza del piano superiore; è calata la notte. Due sono le fonti di luce: una lampada in alto a sinistra e la persona di Gesù stesso, il quale in piedi distribuisce la comunione agli apostoli. Meglio distribuisce se stesso perché fa della sua vita il dono per eccellenza.
Corpo e sangue ossia la vita, ciò che di più bello e importante si possiede. Corpo, le mie doti, capacità professionali, i miei beni materiali, il mio fisico; sangue, il mio essere persona unica e irripetibile: tutto ciò fa, costituisce la vita e questo dà origine e sostanza al rapporto tra le persone.
Da dove derivano tutte le incomprensioni, difficoltà nei rapporti anche dopo anni di matrimonio, diffidenze e scetticismi nello scoprire la persona a cui affidare la propria esistenza se non proprio dal non mettere in comunione la vita ma solo una parte di essa.
“Sì, mi rispetta, è un gran lavoratore, non ci fa mancare niente, ma…non c’è; non si dialoga, fa la sua vita ma non mi fa sentire importante perché c’è sempre qualcosa, se non qualcuno che viene prima; è una brava persona, seria, cordiale, rispettosa…ma c’è un qualcosa che tiene per sé, per cui impegnarsi definitivamente non se la sente”.
Gesù sta in piedi come prima si era levato e inginocchiato per lavare i piedi ai discepoli; un gesto tanto disdicevole, riservato agli schiavi, che pure Abramo nella sua ospitalità si era rifiutato di fare allorquando accolse i tre angeli sotto la sua tenda.
La tavola taglia in diagonale la scena e suggerisce l’idea di tante mense sulle quali lungo la storia si è ripetuto il memoriale del dono che Gesù ha fatto di se stesso, indipendentemente dai meriti degli apostoli. Da allora in poi questo è il criterio, la cartina di tornasole di un amore autentico: la gratuità. Chi non è capace di un gesto di generosità gratuita, non si educa alla gratuità…molto difficilmente sarà capace di amare. La realtà lo dimostra quotidianamente. Le scelte, gli episodi, i gesti…ne sono una conseguenza, ma la radice sta in questa incapacità perché succubi della logica del tornaconto e del guadagno come primo criterio.
Mi diceva sconsolato un professore di scuola superiore: nella mia classe abbiamo fatto una raccolta di fondi per…raccolto € 13, neanche 1 euro a testa. Che delusione! Come fan male certe notizie, come quella di stasera: in una vicenda di fuga di soldi all’estero, nei paradisi fiscali, è coinvolto anche un sacerdote.
Anche nel nostro quadro non mancano le tinte fosche, delle incomprensioni, dell’individualismo, del latrocinio, del baratto; come pure il brano del vangelo ascoltato poco fa è ambientato nella notte. Osserviamo i due estremi della mensa: in alto, a destra, vi sono tutti tanti che si affaticano al forno per produrre il pane da portare sulla mensa. Nella consacrazione non c’è nulla di magico o strano, v’è solo il desiderio ostinato, direi, di Gesù di rimanere con noi a partire dal gesto della donazione di sé, il gesto più grande.
Perché il legame con una madre più che con un padre è imprescindibile? Perché si è ricevuta la vita, il massimo che si può sperare di avere. E nella Bibbia Dio è paragonato a una madre.
All’estremità opposta vi è un mendicante appena sopraggiunto e trattenuta da un discepolo, quasi a non disturbare, meglio a non confondere la mensa eucaristica con la mensa dei frati di Viale Piave a Milano. Ci vogliono entrambe certo ma si sappia chiaramente che la seconda è figlia – non madre– della prima e proprio per tale ragione è aperta a tutti.
Che molti si avvicinano alla parrocchia grazie al centro Caritas sta bene, ma che si riduca la comunità cristiana a un centro assistenziale, no! Perché sua ragion d’essere è l’annuncio del vangelo e della fede in Gesù.
Una fede rappresentata dal Tintoretto nella lampada, in alto a sinistra: grazie a questa luce ci accorgiamo della presenza degli angeli, a testimonianza di quel “panis angelicus” spezzato per tutti. Una donna, domestica, lo distribuisce su un piatto a un altro inserviente e così di mano in mano è giunto fino a noi.
Qui la cena è al termine: un cane attende un avanzo da mangiare, un gatto va alla ricerca di qualcosa da mangiare, canestri di frutta e brocche qua e là...ma l’Eucarestia non termina con l’andate in pace perché si è chiamati a essere testimoni nella vita del nome di Cristo, ossia del suo stile di vita.
Per concludere, due ultime osservazioni.
- L’inserviente, a destra, si gira di scatto e indica Giuda con la mano. Un Giuda solitario, vestito in modo originale, diverso dagli altri; è l’unico apostolo a non essere illuminato; la sua posizione è uguale e contraria a quella dell’apostolo Giovanni. Non basta essere presenti: ciò che conta è condividere.
- A seconda della posizione dell’osservatore, le linee prospettiche cambiano. Fate la prova. Chi non muta è Gesù, vero fulcro della scena. Il teologo Guardini notava che già qui, prima ancora che gli eventi precipitino, Gesù è solo perché sa. “Non vi è nessun ponte tra i discepoli e Lui. Non sono accanto a Lui nell’intimità della comprensione ma davanti a Lui smarriti”. L’Eucarestia segna un confine: i discepoli che hanno accompagnato Gesù fino a questo momento, da qui in poi saranno dispersi. Ma poiché si sono nutriti di quel pane e di quel vino, il corpo-sangue di Colui che si è donato a noi, potranno sempre ritrovarsi come comunità attorno all’altare dell’unico Signore.
(tratto da Qumran)