Parrocchia S. Gerolamo Emiliani di Milano - Blog

Il Blog "Insieme per..." vuole proporre spunti di riflessione e di condivisione per costruire insieme e fare crescere la comunità della parrocchia di San Gerolamo Emiliani di Milano, contribuendo alla diffusione del messaggio evangelico.

sabato 9 febbraio 2013

771 - DOMENICA DEL PERDONO

È la domenica detta “del perdono” che, nell’imminenza della Quaresima, incoraggia i fedeli a intraprendere il cammino di conversione e di penitenza, proprio di quel tempo liturgico, nella consapevolezza che Dio è sempre pronto e generoso nel concedere il suo perdono.
IL Vangelo di Luca 19,1-10 di oggi è ambientato nella città di Gerico che Gesù stava attraversando. In una prima parte (vv. 2-4) viene presentato Zaccheo quale capo dei pubblicani e per di più ricco, dunque, un pubblico peccatore, desideroso tuttavia «di vedere chi era Gesù» al punto da salire su un sicomoro a motivo della sua bassa statura. La scena riceve una svolta ai vv. 5-6 allorché Gesù «alzò lo sguardo» su Zaccheo dichiarando l’intenzione di recarsi a casa sua suscitando, con ciò, la gioiosa reazione di questi. Il v. 7 registra, con il verbo mormorare, la reazione negativa e ostile della gente sul comportamento di Gesù che non esita a stare in compagnia di un peccatore e, pertanto, di un escluso, di un impuro. Le parole di Zaccheo (v. 8) dicono però che in lui è intervenuto un cambiamento profondo immediatamente riscontrabile nei suoi gesti di riparazione e di carità. I due versetti conclusivi, 9-10, infine, ci consegnano una prima dichiarazione del Signore riguardante la salvezza alla quale, con Zaccheo, sono chiamati i «figli di Abramo» (v. 9). Ad essa fa seguito quella di rivelazione sulla sua missione nel mondo: «cercare e salvare ciò che era perduto» (v. 10).
L’ultima domenica “dopo l’Epifania” intende disporre il cuore dei fedeli alla celebrazione della Quaresima, che ha lo scopo di ripristinare la grazia della prima partecipazione, nell’acqua del Battesimo, all’evento pasquale della nostra salvezza che viene solennemente ripresentato, ogni anno, nella celebrazione del Triduo Pasquale di Gesù Cristo crocifisso-morto-sepolto-risorto.
La nostra vita, infatti, pur segnata in radice dalla rigenerazione battesimale alla grazia della figliolanza divina, conosce e sperimenta la perdurante debolezza della nostra natura umana che ci inclina a cedere alla “legge del peccato” che ci abita ancora. Di qui la necessità e l’urgenza di superare una simile triste situazione, di certo impossibile alle sole nostre forze, ma grazie alla misericordia di Dio che ci raggiunge, in Cristo, con la grazia del perdono e del rinnovamento della vita.
La disponibilità di Dio all’indulgenza e al perdono è già mirabilmente proclamata nella prima rivelazione a Israele che la celebra nelle sue Scritture. In esse, e specialmente nei libri sapienziali, è testimoniata una volta per tutte la consapevolezza che Dio comprende e compatisce le miserie e il peccato dell’uomo la cui «sorte è penosa» (Lettura: Siracide 18,12) effondendo «su di loro la sua misericordia» (v. 11), intervenendo anche con il rimprovero, la correzione, l’ammaestramento e guidando come un buon pastore l’umanità come suo gregge (cfr. v. 13).
Una consapevolezza esaltata dalla preghiera d’Israele: «Misericordioso e pietoso è il Signore… Non ci tratta secondo i nostri peccati e non ci ripaga secondo le nostre colpe» (Salmo 102 (103) vv. 8.10).
Questa iniziale autentica rivelazione di Dio e del suo mistero trova il suo momento più alto e conclusivo nella persona di Gesù di Nazaret, il suo Figlio venuto in questo mondo. Nella sua parola e nei suoi gesti verso gli esclusi, i reprobi, i peccatori ritenuti oramai perduti, brilla la grandezza del perdono di Dio, capace di ricreare un’esistenza votata alla rovina eterna. Il brano evangelico, a tale riguardo, è una concreta manifestazione di tutto ciò. Il gesto di Gesù che “alza il suo sguardo” su Zaccheo, capo dei pubblicani e ricco (Vangelo: Luca 19,2), e gli dichiara la sua volontà di entrare in comunione con lui andando a casa sua, è un gesto divino, capace cioè, di modificare in radice la vita di quell’uomo che, chiuso in sé stesso e prigioniero del denaro, il più terribile dei tiranni, si apre ora al dono di una nuova esistenza contrassegnata dalla carità verso i poveri, per lui, prima, inesistenti!
Prigioniero del male Zaccheo è, ora, in grado di mettere in moto, «pieno di gioia» (v. 6), un cambiamento radicale della sua vita dopo aver sperimentato il perdono e la misericordia divina in Cristo il quale può solennemente dichiarare: «Il Figlio dell’uomo infatti è venuto a cercare e a salvare ciò che era perduto» (v. 10).
Gesù, però, è venuto a cercare non solo «i figli di Abramo», ma ogni uomo e, nell’ora della Croce, ha donato effettivamente a tutti la salvezza e la grazia di vivere in comunione con Dio stesso. Zaccheo, pertanto, rappresenta tutti e ci rassicura: Gesù è sulle tracce di ciascuno di noi! Egli vuole «alzare il suo sguardo» pieno di amore su quanti, al pari di Zaccheo, hanno bisogno di essere chiamati fuori dal potere del male per una nuova vita. Da Gesù la Chiesa ha imparato l’attitudine al perdono e a «far prevalere in tutto la carità» (cfr. Epistola: 2Corinzi 2,8) come possibilità di ridare vita a chi è perduto. Ne fanno fede le istruzioni date dall’Apostolo alla comunità di Corinto a proposito del trattamento da riservare a chi era caduto in un crimine così grave al punto da “rattristare” non solo Paolo ma l’intera comunità (v. 5). L’Apostolo prescrive che nei suoi confronti occorre «usargli benevolenza e confortarlo, perché egli non soccomba sotto un dolore troppo forte» (v. 7).
Attenendosi a ciò, la Chiesa continuerà a portare il perdono divino fino alla fine dei tempi a chi è perduto e a restituirlo all’amore di Dio e dei fratelli in una vita fruttuosa e gioiosa.
A. Fusi