Parrocchia S. Gerolamo Emiliani di Milano - Blog

Il Blog "Insieme per..." vuole proporre spunti di riflessione e di condivisione per costruire insieme e fare crescere la comunità della parrocchia di San Gerolamo Emiliani di Milano, contribuendo alla diffusione del messaggio evangelico.

venerdì 18 gennaio 2013

766 - GESU' ALLE NOZZE DI CANA

Il brano evangelico di Giovanni 2,1-11 si premura di collocare il racconto nel «terzo giorno» che succede ai primi due caratterizzati dalla chiamata dei primi discepoli (vv. 35-51) e di ambientarlo in una «festa di nozze» nella città di Cana in Galilea, senza trascurare di nominare tra gli invitati la madre di Gesù, Gesù stesso e i suoi discepoli (vv. 1-2). I vv. 3-5 sottolineano il protagonismo della madre di Gesù che sollecita da lui un intervento a motivo dell’improvvisa mancanza di vino. L’apparente risposta negativa di Gesù che si rivolge alla madre con l’appellativo “donna”, da lui ripreso nel momento della sua morte (cfr. Giovanni 19,26), è motivata dal fatto che «non è ancora giunta la mia ora» (v. 4). L’“ora” di Gesù è quella della sua “glorificazione” sulla Croce con il conseguente ritorno al Padre. Di fatto Gesù interviene ordinando di riempire di acqua le anfore, di cui viene precisato il numero, sei, e la capienza, «da ottanta a centoventi litri l’una» (v. 6). Segue la constatazione da parte del direttore del banchetto della bontà del vino fatta notare allo sposo (vv. 9-10). L’evangelista non trascura di sottolineare che colui che dirigeva il banchetto «non sapeva da dove venisse» quel vino: un non sapere, una non conoscenza che dice la necessità di aprire il cuore alla fede in Gesù, il rivelatore unico di Dio. Il v. 11 precisa che questo «fu l’inizio dei segni compiuti da Gesù», appunto per rivelare la sua identità e per sollecitare a credere in lui come hanno prontamente fatto i suoi discepoli.
Questa seconda domenica pone in primo piano il terzo degli eventi che la tradizione liturgica, anche ambrosiana, propone insieme a quello dell’accorrere dei Magi a Betlemme e del Battesimo al Giordano come epifania del mistero del Figlio di Dio nel mondo.
Si tratta dell’acqua mutata in vino alle nozze di Cana, che l’evangelista descrive come «l’inizio dei segni» (Vangelo: Giovanni 2,11) compiuti da Gesù e con i quali manifestò la sua gloria, ovvero la sua provenienza dall’“alto”, da Dio, e questo al fine di suscitare la fede in lui come, di fatto, avviene per i primi discepoli chiamati a seguirlo (v. 11).
Ed è altamente espressivo il fatto che Gesù dia inizio alla sua attività di “rivelatore del Padre” nel contesto della festa per eccellenza, quella di nozze, nella quale è lecito vedere l’annuncio che in lui si stabilirà quella nuova e definitiva alleanza tra Dio e il suo popolo preannunziata dai profeti, ossia quella comunione d’amore che, in realtà, dovrà essere estesa fino ad abbracciare quegli uomini che, sino alla fine dei tempi, crederanno in lui.
Con altre parole l’epistola paolina afferma la stessa cosa lodando e magnificando l’inesprimibile grandezza dei disegni di Dio che, mandando il suo Figlio, ha «benedetto con ogni benedizione» l’intera umanità (Epistola: Efesini 1,3). La benedizione di Dio in Cristo, mentre esprime concretamente la benevolenza divina per il mondo, consiste non solo nella «redenzione e nel perdono delle colpe» (v. 7), ma nel chiamare gli uomini alla grazia della vita di figli e nel «ricondurre al Cristo, unico capo, tutte le cose, quelle nei cieli e quelle sulla terra» (v.10).
In Gesù, pertanto, Dio ci ha «fatto conoscere il mistero della sua volontà», per noi di per sé inaccessibile, quella cioè di riversare la «ricchezza della sua grazia» e della sua «benevolenza» (cfr. Efesini 1,7-8) sull’intera umanità.
Cosa questa ben recepita dalla preghiera liturgica del Prefazio che ci fa rivolgere così a Dio, il Padre: «Tu per alleviarci le fatiche della vita ci hai confortato con l’esuberanza dei tuoi doni e per richiamarci alla felicità primitiva ci hai mandato dal cielo Gesù Cristo tuo Figlio e Signore nostro». Non ci resta, pertanto, che guardare al Signore Gesù che è il segno insuperabile della volontà salvifica di Dio e che nell’acqua mutata in vino alle nozze di Cana ci invita ad accostarci con fede alla pienezza della rivelazione dell’amore di Dio per noi, che avrà il suo momento più alto nell’“ora” della sua Croce! (cfr. Giovanni 2,4)
“Ora” che ci vede radunati, nel giorno di domenica, nel banchetto di nozze dell’Agnello il quale, nel vino eucaristico, ci offre la sua stessa vita divina alla quale ci lega con vincolo di amore indissolubile.
Per questo Maria, la madre di Gesù, con la sua fede esemplare per tutti coloro che in ogni tempo crederanno in lui, lo ha spinto ad anticipare l’“ora” della gioia pasquale portatrice di salvezza. Ella, con intuito di fede, sa che il suo Figlio è venuto nel mondo per mutare la sorte del mondo stesso, per convocarlo al banchetto eterno della salvezza e, nel domandare il suo intervento a favore dei due giovani sposi nel giorno delle loro nozze (cfr. v. 3), diviene l’immagine e il modello della Chiesa chiamata a intercedere sul mondo la «ricchezza della grazia» (cfr. Efesini 1,7). In Maria e, quindi, nella Chiesa, trova compimento ciò che era prefigurato nella regina Ester che non esita a mettere a repentaglio la sua stessa vita per salvare il suo popolo votato allo sterminio (cfr. Lettura: Ester 5,1-2). In realtà, non un popolo soltanto, ma l’intera umanità corre in ogni tempo il pericolo mortale di essere annientata dall’insidia di un potente “nemico”. La Chiesa, modellandosi a immagine della Madre di Gesù, intercede perché il Signore attualizzi la sua “ora” nella quale il dono della sua vita, significato nella coppa eucaristica del suo Sangue, abbatte l’opera devastatrice del male, comunica la gioia indicibile della comunione perenne con il Padre e la “caparra” dell’eredità che attende quanti, avendo creduto nel suo Unico Figlio, diventano, in lui, “figli”.
A. Fusi