Parrocchia S. Gerolamo Emiliani di Milano - Blog

Il Blog "Insieme per..." vuole proporre spunti di riflessione e di condivisione per costruire insieme e fare crescere la comunità della parrocchia di San Gerolamo Emiliani di Milano, contribuendo alla diffusione del messaggio evangelico.

sabato 12 maggio 2012

687 - VI DOMENICA DI PASQUA

Il brano di Giovanni 15,26-16,4 è collocato nell’ultima cena del Signore con i suoi discepoli in un contesto nel quale viene a essi preannunciata la persecuzione. Si comprende, perciò, come il Signore, ponendosi nella futura condizione di Risorto e di glorificato presso il Padre, prometta ai suoi di mandare su di essi lo Spirito Santo qui indicato con il termine Paraclito. Egli avrà il compito di testimoniare Gesù anzitutto nel cuore dei fedeli, rendendoli in tal modo fermi nella fede e capaci, a loro volta, di dare testimonianza a lui nel loro ambiente di vita (vv. 26-27).
I vv. 1-4 del capitolo 16 riportano le parole con le quali il Signore annuncia per i suoi discepoli la persecuzione e addirittura la morte violenta per mano di gente convinta di agire in conformità al volere divino. Una persecuzione che avrà come protagonista quella stessa cerchia di persone che determinò la morte di Gesù e indicate dall’Evangelista con l’espressione “i Capi dei Giudei”.
L’ascolto delle Scritture, in questa domenica, fa scendere nel nostro spirito la parola del Signore che preannuncia ai suoi discepoli l’invio dello Spirito Santo, il Paraclito. Il brano ci situa nella sala dell’ultima cena nell’imminenza oramai della morte del Signore. Le sue parole si allargano ad abbracciare la condizione che lo vedrà glorioso presso il Padre una volta passato dall’oscurità della morte alla luce della risurrezione.
Sarà lui, intronizzato come Signore alla destra di Dio, a mandare ai suoi discepoli che rimangono nel mondo lo Spirito Santo come guida, assistente e difensore al suo posto. È la promessa che si è verificata nell’effusione dello Spirito Santo nel mistero della Pentecoste culmine della Pasqua.
Il Signore sa, infatti, che la sua comunità andrà incontro, come è avvenuto per lui, alla prova e alla persecuzione violenta a causa della fede riposta nella sua Persona. Cosa puntualmente verificatasi nei primi giorni della Chiesa con l’uccisione di Stefano, di Giacomo il Minore e anche nella persecuzione scatenata da Saulo che, una volta trasformato dalla Luce che lo avvolse sulla via di Damasco, ha lui stesso sperimentato la violenza, la prigionia e il giudizio (Cfr la Lettura).
Con le sue parole il Signore ha perciò presente non solo la comunità del Cenacolo ma, a partire da essa, la comunità credente di tutti i tempi e di tutti i luoghi, quindi, la nostra comunità oggi radunata per la celebrazione, nel mistero, della sua Pasqua. Il Signore sa che anche noi, come una volta i suoi discepoli, potremmo “scandalizzarci” (Giovanni, 16,1) per le tribolazioni e le prove a cui veniamo inevitabilmente sottoposti a causa della nostra fede in lui.
Nella partecipazione all’Eucaristia il Signore Risorto ci fa dono del suo Spirito che, dal di dentro, ci rende sempre più stabili nella fede, ci convince che non vi è altra salvezza se non in Cristo e, dunque, ci rende idonei a dare testimonianza al Signore con la nostra parola e con la nostra vita.
Grazie al dono dello Spirito noi abbiamo accolto il cuore stesso della buona notizia così trasmesso dall’Apostolo: «Cristo morì per i nostri peccati secondo le Scritture e che fu sepolto e che è risorto il terzo giorno secondo le Scritture e che apparve a Cefa e quindi ai Dodici» (Epistola: 1 Corinzi 15, 3-5) e abbiamo la certezza che «ogni volta che si celebra con questa offerta la memoria del tuo Figlio immolato e risorto, rivive e si rende efficace l’opera della nostra redenzione» ( Orazione “Sui Doni”).
Noi siamo infatti interiormente persuasi che con la sua morte il Signore ci ha liberati dalla “morte eterna” e con la sua risurrezione, accertata da Pietro e dai Dodici Apostoli, ha fatto brillare anche per noi la vita nuova e immortale.
Questo è l’avvenimento capitale e decisivo per ogni uomo che sperimenta la sua radicale insuperabile impotenza di fronte al male e alla morte.
Questa è la bella e la buona “notizia” della quale dobbiamo dare testimonianza sull’esempio dell’Apostolo Paolo, costituito dal Signore «ministro e testimone» di lui davanti alle genti «perché si convertano dalle tenebre alla luce e dal potere di Satana a Dio, e ottengano il perdono dei peccati e l’eredità» (Atti degli Apostoli 26,18), quella che spetta ai figli.
A. Fusi