Parrocchia S. Gerolamo Emiliani di Milano - Blog

Il Blog "Insieme per..." vuole proporre spunti di riflessione e di condivisione per costruire insieme e fare crescere la comunità della parrocchia di San Gerolamo Emiliani di Milano, contribuendo alla diffusione del messaggio evangelico.

mercoledì 30 maggio 2012

693 - APOSTOLATO DELLA PREGHIERA - GIUGNO 2012

Generale: Perché i credenti sappiano riconoscere nell'Eucaristia la presenza vivente del Risorto, che li accompagna nella vita quotidiana.

 Missionaria: Perché i cristiani in Europa riscoprano la propria identità e partecipino con più slancio all'annuncio del Vangelo.

domenica 27 maggio 2012

692 - PREGHIERA ALLO SPIRITO SANTO

Spirito di Vita, che in principio aleggiavi sull’abisso,
aiuta l’umanità del nostro tempo a comprendere
che l’esclusione di Dio la porta a smarrirsi nel deserto del mondo,
e che solo dove entra la fede fioriscono la dignità e la libertà
e la società tutta si edifica nella giustizia.

Spirito di Pentecoste, che fai della Chiesa un solo Corpo,
restituisci noi battezzati a un’autentica esperienza di comunione;
rendici segno vivo della presenza del Risorto nel mondo,
comunità di santi che vive nel servizio della carità.

Spirito Santo, che abiliti alla missione,
donaci di riconoscere che, anche nel nostro tempo,
tante persone sono in ricerca della verità sulla loro esistenza e sul mondo.
Rendici collaboratori della loro gioia con l’annuncio del Vangelo di Gesù Cristo,
chicco del frumento di Dio, che rende buono il terreno della vita e assicura l’abbondanza del raccolto.
Amen

sabato 26 maggio 2012

691 - PENTECOSTE

Celebra il mistero dell’effusione dello Spirito Santo sugli Apostoli, al compimento dei cinquanta giorni di Pasqua, secondo la promessa del Signore.
Per l’odierna solennità la tradizione liturgica della nostra Chiesa ambrosiana presenta due schemi di brani biblici e di testi eucologici, rispettivamente per la Messa della Vigilia da celebrare nel contesto della Liturgia vigiliare vespertina e per la Messa “nel giorno”. È anche prevista, qualora si celebri il Battesimo, la Messa “per i battezzati” con un proprio formulario ecologico e rispettive lezioni bibliche.
Le parole (in Giovanni 14,15-20) che il Signore, rivolgendosi ai suoi discepoli dice anche per noi che formiamo qui e oggi la sua Chiesa, vogliono consolidare, mediante il dono dello Spirito, la nostra fede e il nostro amore per lui, impedendoci di sentirci soli e come orfani! Gesù, infatti, è continuamente vivo e presente tra noi grazie all’azione dello Spirito, che rende viva la sua Parola e che attiva, nel sacramento, l’offerta compiuta dal Signore sulla Croce, a noi partecipata come principio della nostra comunione con lui e tramite lui con il Padre ( Vangelo: Giovanni 14,20).
Interprete sicura della Parola è la preghiera liturgica per la quale la solennità odierna «che, nel suo numero sacro e profetico (cioè il cinquantesimo giorno di Pasqua), ricorda arcanamente la raggiunta pienezza del mistero pasquale» (Prefazio, Messa nel giorno) e, di conseguenza contiene, esprime e rende attiva l’inesauribile ricchezza dell’opera salvifica realizzata dal Signore con la sua morte in Croce, con la sua Risurrezione e Ascensione alla destra di Dio. È ciò che leggiamo nel Prefazio della Messa della Vigilia che vede, nell’effusione dello Spirito Santo, la distribuzione dei doni della grazia divina e nei quali si può anzitutto riconoscere l’economia sacramentale con al vertice i sacramenti pasquali del Battesimo e dell’Eucaristia. Doni che, anticipando ai fedeli «le primizie dell’eredità eterna che sono chiamati a condividere con Cristo redentore», li rende certi di «incontrarsi con lui nella gloria» in quanto, in tali doni di grazia, «l’esperienza dello Spirito è più inebriante e più viva». Il Prefazio della Messa nel giorno, invece, intende magnificare l’estensione all’intera umanità della grazia propria della Pentecoste vedendo in essa, alla luce del racconto biblico della torre di Babele (Genesi 11,1-9), la ricomposizione in unità della stessa umanità dalla «confusione che la superbia aveva portato agli uomini». Ricomposizione che, con allusione al racconto degli Atti degli Apostoli (2,1-11), è segnata dall’irruzione dello Spirito significato dal fragore improvviso e grazie al quale gli apostoli «accolgono la professione di un’unica fede e, con diversi linguaggi, a tutte le genti annunziano la gloria del vangelo di salvezza». Annunzio destinato a far sì che «i popoli dispersi si raccolgano e le diverse lingue si uniscano a proclamare la gloria del nome di Dio Padre» (Orazione A Conclusione della Liturgia della Parola, Messa nel giorno) formando l’unico suo popolo santo. E poiché la Chiesa radunata nella celebrazione eucaristica avverte la presenza dello Spirito che la spinge sulle vie dell’annunzio del Vangelo che salva, domanda al Padre di rinnovare oggi «i prodigi della Pentecoste e di comunicare a tutti i fedeli il fervore dello Spirito che animò visibilmente gli apostoli e li rese nel mondo testimoni del vangelo» (Orazione Dopo la Comunione, Messa nel giorno).
A. Fusi.

martedì 22 maggio 2012

690 - MADRE, VORREI CANTARE

Madre, vorrei cantare perché ti amo, perché il tuo dolce nome fa sussultare il cuore!
Quando contemplo te, di gloria circonfusa, che vinci lo splendore dei beati, non oso credere d’essere tua figlia, abbasso gli occhi miei dinanzi a te! Perché un bambino possa amar sua madre bisogna ch’ella pianga anche con lui, con lui deve dividere i dolori.
Regina del mio cuore, per trarmi verso te, sulla riva straniera quanto hai pianto per me! Ripenso al Vangelo della tua vita, oso guardarti e avvicinarmi a te. Ti vedo, come me, mortale e sofferente, e allor m’è dolce credermi tua figlia.
Il tuo materno sguardo mi libera da tutti i miei timori, a piangere m’insegna e a gioire. Tu non disprezzi i nostri giorni lieti, anzi li benedici, con noi li condividi.
Sentirò presto la dolce armonia, presto nel cielo vederti verrò! Tu che mi sorridesti al nascente mattino della mia vita, torna di nuovo a sorridermi, Madre, or che la sera incombe ormai vicina. Non temo più il glorioso tuo splendore, con te ho sofferto; ora sul tuo cuore voglio cantare, Vergine, che t’amo e dirti in eterno: sono tua figlia!
(Santa Teresa di Lisieux)

sabato 19 maggio 2012

689 - BEATO GIOVANNI BATTISTA PIAMARTA

688 - DOMENICA DOPO L'ASCENSIONE

Il brano di Giovanni 17,11-19 è preso dalla grande preghiera rivolta da Gesù al Padre, in presenza dei suoi discepoli, radunati con lui in quell’ultima cena che precede la sua morte che lo porta fuori dal “mondo”, inteso come ambiente ostile e pericoloso nel quale essi dovranno rimanere.
Di qui la richiesta al Padre di custodire i discepoli e di rafforzarli in ciò che ha trasmesso: «perché siano una cosa sola» sul modello dell’unità del Padre e del Figlio (v. 11).
Il v. 12 illustra il significato profondo della custodia dei discepoli da parte di Gesù e, da ora, da parte del Padre: è la loro conservazione nella comunione di vita con il Padre che egli ha dato ai suoi con il dono della sua vita, perché non succeda anche ad essi di fare come Giuda, il “figlio della perdizione”.
Il Signore, perciò, chiede di nuovo al Padre di proteggere i suoi che sono nel mondo e che possano sperimentare la sua gioia nel ritornare a lui (v. 13).
I vv. 14-19 evidenziano il contrasto mondo/discepoli che replica quello tra Gesù stesso e il mondo. Di qui la sua preghiera al Padre di proteggere la sua comunità dall’odio del mondo che non li riconosce suoi e soprattutto dal Maligno, vale a dire dell’avversario di Dio e del suo Cristo, che Gesù ha sconfitto sulla Croce (vv. 14-16).
Dal v. 17 al v. 19 la preghiera chiede al Padre di consacrare, ovvero di santificare i discepoli nella verità dal momento che essi sono equipaggiati con la Parola trasmessa loro proprio da Gesù. Forti della custodia di Dio, i discepoli penetrati dalla sua Parola, sono addirittura mandati nel mondo come Gesù è stato mandato nel mondo dal Padre. Un mandato che li impegna a proseguire la sua stessa missione.
La lettura evangelica ci fa toccare con mano l’amore del Signore per la sua Chiesa alla quale, come abbiamo appena ascoltato nel Vangelo, è affidato il compito di proseguire la sua opera di salvezza del mondo. Per questo essa dovrà dedicarsi interamente all’annunzio della verità, ossia del Vangelo, e all’attuazione concreta della salvezza da lui operata nella sua Pasqua e così espressa nella preghiera del Prefazio: «Per riscattare la famiglia umana il Signore Gesù si degnò di nascere in mezzo a noi e vinse il mondo con il suo dolore e la sua morte. Risorgendo nella gloria, ci riaprì il cammino della vita eterna e nel mistero della sua ascensione ci ridonò la speranza di entrare nel regno dei cieli». È questo l’impegno primario e irrinunciabile della Chiesa e di ogni discepolo del Signore. Un impegno che incombe su tutti in questi giorni segnati da disinteresse, da apatia, da indifferenza se non da vera e propria ostilità in ordine al credere e dalla crescente difficoltà per noi nel comunicare la gioia della fede nel Risorto. Eppure siamo fermamente convinti che il mondo, l’umanità, la storia hanno nel Signore Gesù l’unica vera possibilità di riscatto dal potere del male che le divora e soprattutto la reale possibilità di camminare con lui sulla via della vita e di nutrire ferma speranza di entrare in quel regno dei cieli di cui la Chiesa qui in terra è autentico segno e anticipo. Nella sua preghiera, perciò, Gesù, che sta per tornare al Padre, lo supplica perché sia lui a proteggere e a custodire la sua comunità che deve proseguire la missione in un ambiente ostile qual è il mondo dell’incredulità e del peccato, che farà di tutto per distruggere l’opera dei suoi.
D’altra parte, l’ostilità del mondo e del principe di questo mondo è stata avvertita dal Signore stesso e dalla cerchia dei suoi fratelli e intimi amici quali sono i dodici Apostoli. Uno di essi, infatti, si fece addirittura la «guida di quelli che arrestarono Gesù» (Lettura: Atti degli Apostoli 1,16). Noi sappiamo che il Padre ha esaudito la preghiera del Signore con l’invio dello Spirito Santo che è potenza e forza divina capace di mantenere la purezza della verità della fede nel Figlio di Dio venuto nel mondo per la salvezza di tutti e così cantata nell’inno liturgico dell’Epistola paolina: «Egli fu manifestato in carne umana e riconosciuto giusto nello Spirito, fu visto dagli angeli e annunciato fra le genti, fu creduto nel mondo ed elevato nella gloria» (1 Timoteo 3,16). Il medesimo Spirito gonfia ancora oggi i cuori dei discepoli e li spinge, nella partecipazione al Corpo e al Sangue del Signore, a perseverare nella comunione con lui e dunque con il Padre, divenendo così «una sola cosa» (Giovanni 17,11). Questa sublime esperienza, che è alla portata di tutti i credenti nella celebrazione dell’Eucaristia, scaccia dal loro animo ogni paura, ogni turbamento, ogni scoraggiamento e li rassicura sul fatto che Dio «non desiste dal prendersi cura di quanti sostiene e rianima con la certezza del suo affetto di Padre» (Orazione All’Inizio dell’Assemblea Liturgica). 
A. Fusi

sabato 12 maggio 2012

687 - VI DOMENICA DI PASQUA

Il brano di Giovanni 15,26-16,4 è collocato nell’ultima cena del Signore con i suoi discepoli in un contesto nel quale viene a essi preannunciata la persecuzione. Si comprende, perciò, come il Signore, ponendosi nella futura condizione di Risorto e di glorificato presso il Padre, prometta ai suoi di mandare su di essi lo Spirito Santo qui indicato con il termine Paraclito. Egli avrà il compito di testimoniare Gesù anzitutto nel cuore dei fedeli, rendendoli in tal modo fermi nella fede e capaci, a loro volta, di dare testimonianza a lui nel loro ambiente di vita (vv. 26-27).
I vv. 1-4 del capitolo 16 riportano le parole con le quali il Signore annuncia per i suoi discepoli la persecuzione e addirittura la morte violenta per mano di gente convinta di agire in conformità al volere divino. Una persecuzione che avrà come protagonista quella stessa cerchia di persone che determinò la morte di Gesù e indicate dall’Evangelista con l’espressione “i Capi dei Giudei”.
L’ascolto delle Scritture, in questa domenica, fa scendere nel nostro spirito la parola del Signore che preannuncia ai suoi discepoli l’invio dello Spirito Santo, il Paraclito. Il brano ci situa nella sala dell’ultima cena nell’imminenza oramai della morte del Signore. Le sue parole si allargano ad abbracciare la condizione che lo vedrà glorioso presso il Padre una volta passato dall’oscurità della morte alla luce della risurrezione.
Sarà lui, intronizzato come Signore alla destra di Dio, a mandare ai suoi discepoli che rimangono nel mondo lo Spirito Santo come guida, assistente e difensore al suo posto. È la promessa che si è verificata nell’effusione dello Spirito Santo nel mistero della Pentecoste culmine della Pasqua.
Il Signore sa, infatti, che la sua comunità andrà incontro, come è avvenuto per lui, alla prova e alla persecuzione violenta a causa della fede riposta nella sua Persona. Cosa puntualmente verificatasi nei primi giorni della Chiesa con l’uccisione di Stefano, di Giacomo il Minore e anche nella persecuzione scatenata da Saulo che, una volta trasformato dalla Luce che lo avvolse sulla via di Damasco, ha lui stesso sperimentato la violenza, la prigionia e il giudizio (Cfr la Lettura).
Con le sue parole il Signore ha perciò presente non solo la comunità del Cenacolo ma, a partire da essa, la comunità credente di tutti i tempi e di tutti i luoghi, quindi, la nostra comunità oggi radunata per la celebrazione, nel mistero, della sua Pasqua. Il Signore sa che anche noi, come una volta i suoi discepoli, potremmo “scandalizzarci” (Giovanni, 16,1) per le tribolazioni e le prove a cui veniamo inevitabilmente sottoposti a causa della nostra fede in lui.
Nella partecipazione all’Eucaristia il Signore Risorto ci fa dono del suo Spirito che, dal di dentro, ci rende sempre più stabili nella fede, ci convince che non vi è altra salvezza se non in Cristo e, dunque, ci rende idonei a dare testimonianza al Signore con la nostra parola e con la nostra vita.
Grazie al dono dello Spirito noi abbiamo accolto il cuore stesso della buona notizia così trasmesso dall’Apostolo: «Cristo morì per i nostri peccati secondo le Scritture e che fu sepolto e che è risorto il terzo giorno secondo le Scritture e che apparve a Cefa e quindi ai Dodici» (Epistola: 1 Corinzi 15, 3-5) e abbiamo la certezza che «ogni volta che si celebra con questa offerta la memoria del tuo Figlio immolato e risorto, rivive e si rende efficace l’opera della nostra redenzione» ( Orazione “Sui Doni”).
Noi siamo infatti interiormente persuasi che con la sua morte il Signore ci ha liberati dalla “morte eterna” e con la sua risurrezione, accertata da Pietro e dai Dodici Apostoli, ha fatto brillare anche per noi la vita nuova e immortale.
Questo è l’avvenimento capitale e decisivo per ogni uomo che sperimenta la sua radicale insuperabile impotenza di fronte al male e alla morte.
Questa è la bella e la buona “notizia” della quale dobbiamo dare testimonianza sull’esempio dell’Apostolo Paolo, costituito dal Signore «ministro e testimone» di lui davanti alle genti «perché si convertano dalle tenebre alla luce e dal potere di Satana a Dio, e ottengano il perdono dei peccati e l’eredità» (Atti degli Apostoli 26,18), quella che spetta ai figli.
A. Fusi

lunedì 7 maggio 2012

686 - SUPPLICA ALLA MADONNA DI POMPEI

(da recitarsi l'8 maggio e la prima domenica di ottobre a mezzogiorno)
I. - O Augusta Regina delle vittorie, o Vergine sovrana del Paradiso, al cui nome potente si rallegrano i cieli e tremano per terrore gli abissi, o Regina gloriosa del Santissimo Rosario, noi tutti, avventurati figli vostri, che la bontà vostra ha prescelti in questo secolo ad innalzarvi un Tempio in Pompei, qui prostrati ai vostri piedi, in questo giorno solennissimo della festa dei novelli vostri trionfi sulla terra degl'idoli e dei demoni, effondiamo con lacrime gli affetti del nostro cuore, e con la confidenza di figli vi esponiamo le nostre miserie.
Deh! da quel trono di clemenza ove sedete Regina, volgete, o Maria, lo sguardo vostro pietoso verso di noi, su tutte le nostre famiglie, sull'Italia, sull'Europa, su tutta la Chiesa; e vi prenda compassione degli affanni in cui volgiamo e dei travagli che ne amareggiano la vita. Vedete, o Madre, quanti pericoli nell'anima e nel corpo ne circondano: quante calamità e afflizioni ne costringono! O Madre, trattenete il braccio della giustizia del vostro Figliuolo sdegnato e vincete colla clemenza il cuore dei peccatori: sono pur nostri fratelli e figli vostri, che costarono sangue al dolce Gesù, e trafitture di coltello al vostro sensibilissimo Cuore. Oggi mostratevi a tutti, qual siete, Regina di pace e di perdono.

Salve Regina.

II. - È vero, è vero che noi per primi, benché vostri figliuoli, coi peccati torniamo a crocifiggere in cuor nostro Gesù, e trafiggiamo novellamente il vostro Cuore. Sì, lo confessiamo, siamo meritevoli dei più aspri flagelli. Ma Voi ricordatevi che sulla vetta del Golgota raccoglieste le ultime stille di quel sangue divino e l'ultimo testamento del Redentore moribondo. E quel testamento di un Dio, suggellato col sangue di un Uomo-Dio, vi dichiarava Madre nostra, Madre dei peccatori. Voi, dunque, come nostra Madre, siete la nostra Avvocata, la nostra Speranza. E noi gementi stendiamo a Voi le mani supplichevoli, gridando: Misericordia!
Pietà vi prenda, o Madre buona, pietà di noi, delle anime nostre, delle nostre famiglie, dei nostri parenti, dei nostri amici, dei nostri fratelli estinti, e soprattutto dei nostri nemici, e di tanti che si dicono cristiani, e pur dilacerano il Cuore amabile del vostro Figliuolo. Pietà, deh! pietà oggi imploriamo per le nazioni traviate, per tutta l'Europa, per tutto il mondo, che torni pentito al cuor vostro. Misericordia per tutti, o Madre di Misericordia.
Salve Regina.

III. - Che vi costa, o Maria, l'esaudirci? Che vi costa il salvarci? Non ha Gesù riposto nelle vostre mani tutti i tesori delle sue grazie e delle sue misericordie? Voi sedete coronata Regina alla destra del vostro Figliuolo, circondata di gloria immortale su tutti i cori degli Angeli. Voi distendete il vostro dominio per quanto son distesi i cieli, e a Voi la terra e le creature tutte che in essa abitano sono soggette. Il vostro dominio si estende fino all'inferno, e Voi sola ci strappate dalle mani di Satana, o Maria.
Voi siete l'Onnipotente per grazia. Voi dunque potete salvarci. Che se dite di non volerci aiutare, perché figli ingrati ed immeritevoli della vostra protezione, diteci almeno a chi altri mai dobbiamo ricorrere per essere liberati da tanti flagelli.
Ah, no! Il vostro Cuore di Madre non patirà di veder noi, vostri figli, perduti. Il Bambino che noi vediamo sulle vostre ginocchia, e la mistica corona che miriamo nella vostra mano, c'ispirano fiducia che noi saremo esauditi. E noi confidiamo pienamente in Voi, ci gettiamo ai vostri piedi, ci abbandoniamo come deboli figli tra le braccia della più tenera fra le madri, ed oggi stesso, sì, oggi da Voi aspettiamo le sospirate grazie.

Salve Regina.

Chiediamo la benedizione a Maria.

Un'ultima grazia noi ora vi chiediamo, o Regina, che non potete negarci in questo giorno solennissimo. Concedete a tutti noi l'amore vostro costante, e in modo speciale la vostra materna benedizione. No, non ci leveremo dai vostri piedi, non ci staccheremo dalle vostre ginocchia, finché non ci avrete benedetti.
Benedite, o Maria, in questo momento, il Sommo Pontefice. Ai prischi allori della vostra Corona, agli antichi trionfi del vostro Rosario, onde siete chiamata Regina delle vittorie, deh! aggiungete ancor questo, o Madre: concedete il trionfo alla Religione e la pace alla umana società. Benedite il nostro Vescovo, i Sacerdoti e particolarmente tutti coloro che zelano l'onore del vostro Santuario.
Benedite infine tutti gli Associati al vostro novello Tempio di Pompei, e quanti coltivano e promuovono la divozione al vostro Santo Rosario.
O Rosario benedetto di Maria; Catena dolce che ci rannodi a Dio; Vincolo di amore che ci unisci agli Angeli; Torre di salvezza negli assalti d'inferno; Porto sicuro nel comune naufragio, noi non ti lasceremo mai più. Tu ci sarai conforto nell'ora di agonia; a te l'ultimo bacio della vita che si spegne. E l'ultimo accento delle smorte labbra sarà il nome vostro soave, Regina del Rosario della Valle di Pompei, o Madre nostra cara, o unico Rifugio dei peccatori, o sovrana Consolatrice dei mesti. Siate ovunque benedetta, oggi e sempre, in terra e in cielo. Così sia.

Salve Regina.

venerdì 4 maggio 2012

685 - V DOMENICA DI PASQUA

Il brano di Giovanni (17,1b-11) che avvia la preghiera di Gesù e che occupa il capitolo intero, conclude la narrazione dei gesti e delle parole del Signore in quella che è chiamata “l’ultima cena” con i suoi apostoli (Giovanni 13-17). Qui, in realtà, siamo di fronte all’ultimo colloquio di Gesù con il Padre avviato dal suo gesto assai significativo di alzare gli occhi al cielo (v. 1).
In particolare i vv. 1-5 sono incentrati su quanto Gesù ha compiuto nel mondo su incarico del Padre e sulla conseguente richiesta di essere glorificato, ossia di essere reintegrato nella sua condizione divina; cosa, questa, che coinciderà con l’ora della sua morte.
Nei vv. 6-11a lo sguardo di Gesù si allarga «agli uomini che mi hai dato dal mondo», ossia ai credenti. Di essi viene sottolineata la simultanea appartenenza al Padre e a lui stesso (vv. 6-8) e, dunque, l’intervento a loro favore presso il Padre considerando che oramai lui, avviato alla glorificazione, non è «più nel mondo» mentre «essi sono nel mondo» (vv. 9-11).
Questa domenica è orientata al compimento della Pasqua nel mistero dell’Ascensione del Signore. Il suo ritorno al Padre mentre segna un ulteriore stadio della sua esaltazione sulla Croce, segna d’altra parte una nuova situazione per i discepoli del Signore stesso. Questi, d’ora in poi, non lo avranno più fisicamente ma, attraverso il dono dello Spirito che «conosce bene ogni cosa, anche le profondità di Dio» (Epistola: 1Corinzi 2,10b), potranno “conoscere”, ossia penetrare e sperimentare in pienezza ciò che Dio ha loro donato nel suo Figlio!
Si tratta di una realtà che riguarda ogni credente, ognuno di noi che formiamo oggi la sua Chiesa nata dalla Pasqua di morte e di risurrezione del Signore, nella quale culmina l’“opera” che il Padre gli ha dato da compiere mandandolo nel mondo.
È bene aver chiaro nel nostro cuore e nella nostra mente che quanti giungono alla fede vengono messi da Dio, al quale appartengono, nelle mani del Figlio il quale, tramite il suo Vangelo, ha “manifestato” ad essi il “nome”, ossia la realtà stessa di Dio in nessun modo conoscibile dai «dominatori di questo mondo» (1Cor 2,8).
Ed è proprio questo essere simultaneamente di Dio e del Figlio il punto di appoggio della comunità del Signore lungo i secoli. Essa sa di essere custodita dal Padre pur vivendo nell’ambiente ostile qual è il “mondo” e, di conseguenza, può serenamente attraversare i secoli.
La celebrazione eucaristica è l’ambiente nel quale avvertiamo la verità del dono della vita eterna che il Signore ci ha dato nella sua Pasqua. È la vita che ci viene elargita nella partecipazione al pane e al vino della mensa eucaristica nella quale la sperimentiamo come comunione con il Figlio e, in lui, con il Padre e possiamo così allietarci «dell’eterno destino di gloria che ci è stato donato nel Signore Risorto» (Prefazio).
La celebrazione, inoltre, è l’ambiente nel quale l’ascolto delle Scritture, rese a noi intelligibili dallo Spirito Santo, ci offre l’opportunità di vedere come tutta la storia della salvezza che si dispiega a partire dall’apparizione del «Dio della gloria» ad Abramo (Lettura: Atti degli Apostoli) fino alla liberazione dall’Egitto e alla costruzione del Tempio, preannunciava in realtà «la venuta del Giusto», ossia del Signore Gesù, il Figlio di Dio. Una “storia” nella quale sappiamo di essere coinvolti in prima persona sperimentandone gli effetti salutari sul mondo intero.
A. Fusi

mercoledì 2 maggio 2012

684 - APOSTOLATO DELLA PREGHIERA MAGGIO 2012

Generale: Perché siano promosse nella società iniziative che difendano e rafforzino il ruolo della famiglia.


Missionaria: Perché María, Regina del mondo e Stella dell’evangelizzazione, accompagni tutti i missionari nell'annuncio del suo Figlio Gesù.


martedì 1 maggio 2012

683 - MAGGIO MESE MARIANO

Maggio è un mese amato e giunge gradito per diversi aspetti. Nel nostro emisfero la primavera avanza con tante e colorate fioriture; il clima è favorevole alle passeggiate e alle escursioni.
Per la Liturgia, maggio appartiene sempre al Tempo di Pasqua, il tempo dell’"alleluia", dello svelarsi del mistero di Cristo nella luce della Risurrezione e della fede pasquale; ed è il tempo dell’attesa dello Spirito Santo, che scese con potenza sulla Chiesa nascente a Pentecoste. Ad entrambi questi contesti, quello "naturale" e quello liturgico, si intona bene la tradizione della Chiesa di dedicare il mese di maggio alla Vergine Maria.
Ella, in effetti, è il fiore più bello sbocciato dalla creazione, la "rosa" apparsa nella pienezza del tempo, quando Dio, mandando il suo Figlio, ha donato al mondo una nuova primavera. Ed è al tempo stesso protagonista, umile e discreta, dei primi passi della Comunità cristiana: Maria ne è il cuore spirituale, perché la sua stessa presenza in mezzo ai discepoli è memoria vivente del Signore Gesù e pegno del dono del suo Spirito.
Benedetto XVI