Parrocchia S. Gerolamo Emiliani di Milano - Blog

Il Blog "Insieme per..." vuole proporre spunti di riflessione e di condivisione per costruire insieme e fare crescere la comunità della parrocchia di San Gerolamo Emiliani di Milano, contribuendo alla diffusione del messaggio evangelico.

venerdì 13 aprile 2012

676 - LA DOMENICA “IN ALBIS DEPOSITIS”

Il testo evangelico di Giovanni 20,19-31 che ogni anno viene proclamato nella seconda domenica di Pasqua è di decisiva importanza per la comprensione dell’esistenza stessa della Chiesa e della sua missione. È chiaramente diviso in due parti riguardanti rispettivamente l’apparizione del Signore Risorto la sera di Pasqua (vv. 19-23) e il successivo incontro del Signore «otto giorni dopo» con la presenza dell’apostolo Tommaso (vv. 24-29). I vv. 30-31, infine, riportano alcune considerazioni conclusive dell’Evangelista.
Il brano si apre al v. 19 con l’importante precisazione riguardante il raduno dei discepoli in un unico luogo a indicare che, ciò che viene narrato, riguarda la comunità ecclesiale di allora, come di oggi e di sempre. Al centro dell’attenzione c’è il Signore Gesù che si presenta ai suoi riuniti a porte chiuse «per timore dei Giudei». Viene così evidenziato che non vi sono ostacoli e barriere che possano impedire al Signore di «stare in mezzo» alla sua Chiesa e di offrire il dono pasquale della pace dovuta proprio alla sua presenza. Con il Signore Risorto, perciò, non c’è più timore ma pace.
Il Signore quindi si fa riconoscere ai suoi (v. 20) mostrando loro le mani e il fianco, con i segni della trafittura dei chiodi e della lancia del soldato romano, facendo sgorgare la gioia nei loro cuori riconoscendo in lui il Maestro che videro pendere dalla Croce.
La prima parte si chiude con la consegna ai discepoli della specifica missione che dovranno compiere e che la Chiesa dovrà continuare lungo i tempi. Egli che è l’inviato dal Padre, a sua volta manda i suoi discepoli e, in essi, quanti lungo i secoli formeranno la sua Chiesa, a compiere la sua stessa missione la cui efficacia è garantita dal dono dello Spirito indicato nel gesto molto espressivo del soffio (v. 22). La missione consiste essenzialmente nell’estendere a ogni uomo il frutto della Pasqua vale a dire la remissione e il perdono dei peccati e con la potenza dello Spirito il dono di una vita nuova. In tal modo la Chiesa può portare nel mondo la vita, quella che nel Signore Gesù ha trionfato sul peccato e dunque sulla morte nella cui oscurità giace il mondo e, in esso, l’intera umanità.
La seconda parte del racconto, strettamente legata alla prima, prende avvio dal deciso rifiuto di Tommaso di accogliere la testimonianza dei discepoli: «Abbiamo visto il Signore!» (v. 25).
Tommaso che «non era con loro quando venne Gesù» (v. 24) rappresenta tutti coloro che, nei secoli, dovranno fidarsi e affidarsi con fede alla testimonianza che la comunità dei credenti offre su Gesù, il Vivente, senza esigere perciò di “vedere” e di “mettere” personalmente la mano nelle sue ferite. Tommaso supererà questa pretesa “otto giorni dopo” allorché il Signore tornerà tra i suoi augurando e recando il dono della pace e gli chiederà di mettere il suo dito e la sua mano nelle sue ferite esortandolo a «non essere più incredulo, ma credente!» (v. 27). Esortazione che va compresa, in realtà, rivolta a ogni uomo.
La reazione di Tommaso è quella di chi oramai è diventato credente: non lo sfiora più il pensiero di vedere e di toccare le ferite del Signore ma si rivolge a lui con una proclamazione di fede assoluta: «Mio Signore e mio Dio!». Con ciò riconosce che il suo Maestro, morto sulla Croce, il Risorto, è Dio!
Le parole conclusive del Signore (v. 29) sono anch’esse rivolte, tramite Tommaso, ai futuri credenti e, dunque, anche a noi che oggi le ascoltiamo nella proclamazione liturgica dell’evangelo. Fin da ora siamo da Gesù stesso proclamati beati perché crediamo in lui senza poterlo vedere e toccare. “Vedere” e “toccare” il Risorto è l’esperienza propria dei Dodici. D’ora in poi la fede dei credenti dovrà poggiarsi sulla loro testimonianza!
Nella celebrazione eucaristica, scandita dal solenne ritmo domenicale istituito dalle apparizioni del Risorto, è possibile per noi vivere, nel mistero, l’esperienza degli Apostoli, crescere nella fede e nell’amore con Lui e accogliere con il soffio dello Spirito il mandato che ci abilita alla missione evangelica nel mondo.
La Lettura mostra come questa missione è stata da subito attuata dagli stessi Apostoli, i quali annunziano con estrema chiarezza che «in nessun altro c’è salvezza; non vi è infatti, sotto il cielo, altro nome dato agli uomini, nel quale è stabilito che noi siamo salvati» (Atti degli Apostoli 4,12). L’esperienza che essi hanno fatto del Risorto, la missione ricevuta nel soffio del Signore, nella potenza cioè dello Spirito Santo, è insopprimibile nei loro cuori e li spinge ad annunziare a tutti, anche a costo della vita, la reale unica possibilità di salvezza che è in Cristo Signore: «Noi non possiamo tacere quello che abbiamo visto e ascoltato» (Atti 4,20).
Anche noi, di domenica in domenica, impariamo a «camminare nella nuova realtà dello Spirito» nella quale siamo stati stabiliti dai sacramenti pasquali. In tal modo «ci è dato di superare il rischio orrendo della morte eterna, ed è serbata ai credenti la lieta speranza della vita senza fine» (Prefazio) che ci è data dalla partecipazione al Corpo e al Sangue del Signore nel quale «abita corporalmente tutta la pienezza della divinità» (Epistola: Colossesi 2,9).
A.Fusi