Parrocchia S. Gerolamo Emiliani di Milano - Blog

Il Blog "Insieme per..." vuole proporre spunti di riflessione e di condivisione per costruire insieme e fare crescere la comunità della parrocchia di San Gerolamo Emiliani di Milano, contribuendo alla diffusione del messaggio evangelico.

sabato 24 marzo 2012

666 - V DOMENICA DI QUARESIMA

Il brano evangelico di Giovanni 11,1-53, ampio e impegnativo, può essere così suddiviso: i vv. 1-6 preparano il successivo racconto e ne presentano i personaggi; i vv. 7-16 riportano il dialogo tra Gesù e i discepoli incentrato sul suo ritorno in Giudea.
I vv. 17-32 collocano la scena presso il sepolcro di Lazzaro e riferiscono dell’incontro di Gesù con Marta e Maria sorelle del morto. I vv. 33-40a sono caratterizzati dalla profonda commozione e dal pianto del Signore davanti al sepolcro di Lazzaro suo amico.
Il racconto del miracolo vero e proprio occupa i vv. 40b-44 a cui fanno seguito i vv. 45-53 con la reazione dei testimoni dell’evento prodigioso e il raduno del Sinedrio per decidere di uccidere Gesù.
Il miracolo della risurrezione di Lazzaro rappresenta il culmine del progressivo cammino di fede proposto dalla Quaresima a quanti si preparano a prendere parte, nei sacramenti, alla Pasqua del Signore e a tutti i fedeli invitati a riattivare il dono di grazia già ricevuto. Al testo evangelico, pertanto, va data una speciale attenzione a partire da ciò che il Signore afferma a proposito della malattia di Lazzaro considerata come occasione per la manifestazione della gloria di Dio, ovvero del suo disegno di salvezza che dovrà rivelarsi appieno nella glorificazione del Figlio (vv.1-6). Glorificazione che per l’evangelista coincide con l’“ora” della Croce!
Gesù perciò spiega ai suoi discepoli, refrattari ad andare con lui in Giudea dove aveva già rischiato di essere ucciso (cfr. Gv 8,59; 10,31), il senso di ciò che si appresta a fare recandosi da Lazzaro oramai morto (vv.7-16). Il “risveglio” di Lazzaro, infatti, manifesterà il disegno di Dio che si compirà anche nel suo Figlio crocifisso, e spronerà ancora una volta i discepoli a credere in lui e a seguirlo.
Nel successivo incontro con Marta, sorella di Lazzaro (vv. 20-27), che professa la fede nella risurrezione «nell’ultimo giorno» e nel Maestro capace di liberare dalla morte il fratello con la sola sua presenza Gesù risponde con la solenne autorivelazione: «Io sono la risurrezione e la vita» (v. 25). Essa riguarda la potenza personale di Gesù di riportare in vita i morti come “segno” del suo potere di liberare dalla morte eterna, ossia dalla dannazione, coloro che credono in lui!
La risposta di Marta è una vera e propria professione di fede nel Signore riconosciuto come il Messia, il Figlio di Dio che viene in questo mondo per portare in esso il regno di Dio. È la fede richiesta a tutti coloro che intendono seguire Gesù, diventare suoi discepoli e per mezzo del Battesimo rinascere «ad immagine della sua risurrezione» (Orazione Dopo La Comunione). È la fede che il tempo quaresimale intende far recuperare e brillare in tutta la sua integrità nella Chiesa e in ogni singolo fedele.
L’incontro di Gesù con Maria, sopraffatta dalla tremenda realtà della morte, induce in Gesù stesso una triplice reazione così annotata: v. 33, si «commosse profondamente»; ne fu «molto turbato»; v. 35, «scoppiò in pianto». La commozione e il turbamento in Gesù dicono quanto egli avvertisse attorno a sé la terribile presenza della morte alla quale egli stesso dovrà presto andare incontro.
Le lacrime del Signore sono le lacrime di Dio davanti al potere devastante che la morte esercita sull’uomo uscito dalle sue mani, ma sono anche le lacrime di chi, come Gesù, “deve” lasciarsi avviluppare da quel potere perché si compia il disegno del Padre, quello che ora brilla nel miracolo del “risveglio” di Lazzaro che, addirittura, è morto già da quattro giorni ed è in decomposizione (v. 39). Il gesto di alzare gli occhi (v. 41) verso l’alto mette in luce la continua comunione di vita e di amore con il Padre che sempre ascolta ed esaudisce il Figlio.
Egli, pertanto, con autorità divina grida a gran voce il nome del morto al quale ingiunge di lasciare il sepolcro e di uscire incontro a lui e ordina ai presenti di liberarlo dalle bende nelle quali, forse, va visto un’allusione alla morte che Lazzaro dovrà nuovamente affrontare. Gesù invece, come riferiscono i Vangeli, lascerà il sepolcro sciolto dalle bende in cui era stato avvolto per indicare la definitività della sua risurrezione che riguarderà anche tutti coloro che credono e perseverano nella fede in lui.
Il racconto si conclude con la reazione dei testimoni dell’accaduto (vv. 45-53). Una reazione duplice: alcuni «alla vista di ciò che egli aveva compiuto» credettero. Altri invece informarono dell’accaduto «i capi dei sacerdoti e i farisei» i quali in una apposita riunione ne decretano la morte (v. 53). Di tale riunione interessano particolarmente le parole di Caifa (v. 50) e il commento che di esse ne fa l’evangelista (51-52). Egli riconosce come “ispirate” le parole dette dal sommo sacerdote che decreta la morte di Gesù per la salvezza della nazione, ossia di Israele.
In verità, quella morte, ha un’efficacia salvifica ben più ampia: riguarda infatti l’umanità intera descritta come un gregge disperso e che Gesù dovrà «riunire insieme» portando così a compimento la missione per la quale il Padre lo ha inviato nel mondo.
Collocato nel contesto del cammino quaresimale verso la Pasqua il brano evangelico va letto anzitutto come un forte appello a credere nel Signore Gesù, il quale è venuto in questo mondo rivestito della stessa potenza salvifica dispiegata a suo tempo da Dio a favore del suo popolo, come testimonia la Lettura veterotestamentaria. In essa è conservata e trasmessa la professione di fede di Israele che si riconosce come popolo in quanto Dio lo ha costituito come tale operando «segni e prodigi grandi» (Deuteronomio 6,22).
Su questa fede Israele fonda l’osservanza fedele e obbediente delle norme impartite da Dio e che deve con maggior forza fondare l’osservanza della comunità cristiana (Epistola: Efesini 5,19-20) che sa di trarre origine da ciò che il Signore Gesù ha fatto per liberare i credenti dai lacci funerei del male che tiene in potere ogni uomo e lo degrada fino alla corruzione.
La preghiera liturgica evidenzia come tutto ciò si sia attuato in noi, a livello sacramentale, nell’acqua del Battesimo, dove «la grazia divina del Cristo libera noi tutti sepolti nella colpa del primo uomo, e ci rende alla vita e alla gioia senza fine» (Prefazio I). «Vita e gioia senza fine» indicano la condizione di risurrezione e di vita nuova e immortale nella quale già da ora vive il credente.
Condizione che va mantenuta nella partecipazione al sacramento eucaristico del Corpo e del Sangue del Signore «che ci è dato per liberarci dalla schiavitù della colpa» nella quale possiamo ricadere a motivo dell’umana fragilità. Domandiamo perciò senza sosta e con umile fede che il Signore, nei suoi divini misteri, «purifichi i nostri cuori e, a immagine della risurrezione, ci riscatti da ogni antica decadenza» (Orazione dopo la Comunione).
A. Fusi