Parrocchia S. Gerolamo Emiliani di Milano - Blog

Il Blog "Insieme per..." vuole proporre spunti di riflessione e di condivisione per costruire insieme e fare crescere la comunità della parrocchia di San Gerolamo Emiliani di Milano, contribuendo alla diffusione del messaggio evangelico.

venerdì 16 marzo 2012

662 - IV DOMENICA DI QUARESIMA

Lettura del libro dell’Esodo (33,7-11a)
Il brano si riferisce alla tenda fatta costruire da Dio stesso (cfr. Esodo 26,1-14) come luogo dell’incontro con il suo popolo liberato dall’Egitto e in cammino attraverso il deserto verso la terra promessa. I v. 8-10 riferiscono dell’apparizione della colonna di nube dalla quale Dio parlava con Mosè che il v. 11 definisce “amico” di Dio.
Prima lettera di san Paolo apostolo ai Tessalonicesi (4,1b-12)
Il brano riporta alcune raccomandazioni rivolte dall’Apostolo e riguardanti la condotta dei cristiani di Tessalonica. Raccomandazioni che l’Apostolo fa in nome del Signore Gesù (v. 1). Segue ai vv. 2-8 la normativa morale che Paolo fa discendere dalla vocazione alla santità recata nei credenti dal dono dello Spirito.
I vv. 9-11 insistono sull’amore fraterno già praticato nella comunità cristiana e che deve crescere sempre più. Il comportamento dei fedeli, conclude l’Apostolo, diviene in tal modo una proclamazione vissuta del Vangelo «di fronte agli estranei» (v. 12) ossia un invito a credere e a unirsi a essi.
Vangelo secondo Giovanni 9,1-38b
Il brano è strutturato in tre parti. La prima: vv. 1-12 riporta la narrazione del “miracolo” e la reazione dei presenti; la seconda: vv. 13-34 riferisce della reazione dei farisei con il duplice interrogatorio del “miracolato” (vv. 15-17; 24-34) e dei suoi genitori (vv.18-23); la terza (vv. 35-39) propone il dialogo tra Gesù e il miracolato che professa la sua fede in lui.
Nella prima parte il racconto del miracolo è preceduto dal dialogo di Gesù con i suoi discepoli convinti che la condizione del cieco dalla nascita sia dovuta a colpe commesse «da lui o dai suoi genitori» (v. 2). Gesù esclude il nesso cecità-peccato e afferma che nell’uomo nato cieco Dio manifesterà le sue “opere” che riguardano l’illuminazione del mondo mediante il suo Figlio entrato in esso come “luce” (v. 3).
La narrazione del miracolo (vv. 6-7) sorprende per i gesti di Gesù che, dopo aver fatto del fango con la sua saliva, lo spalma sugli occhi del cieco con l’ingiunzione di recarsi alla piscina di Siloe, che significa “Inviato”. Con quel gesto Gesù intende far capire che l’uomo è di per sé prigioniero delle tenebre da cui potrà essere liberato recandosi dall’“Inviato” ossia credendo in lui che è venuto nel mondo proprio per compiere tale opera.
La prima parte si chiude con la constatazione dell’avvenuta guarigione del cieco nato da parte dei conoscenti (vv. 8-12) e soprattutto con le domande sul come abbia ottenuto la vista; domande che saranno riprese drammaticamente nella seconda parte del racconto.
Questa si apre con il miracolato condotto dai farisei, esperti dottori e maestri della Legge, i quali prendono subito una posizione negativa nei confronti di Gesù il quale, «facendo del fango», ha violato il precetto fondamentale per Israele del riposo sabbatico (vv. 13-16).
Sorprende la reazione decisa del guarito nel dichiarare che Gesù è un profeta (v. 17). Con ciò l’evangelista mostra come la vera guarigione dell’uomo consiste nella sua adesione di fede in Gesù rivelatore di Dio. Il cieco che ora vede è, al contrario dei farisei che si ostinano nel rimanere chiusi all’opera di illuminazione del Signore, l’esemplare per ogni uomo che gradatamente giunge alla pienezza di luce ossia alla pienezza di fede in Lui: è «un profeta» (v. 17); «viene da Dio» (v. 33); «Figlio dell’uomo» (v. 35).
Il racconto si conclude con Gesù che volutamente va a cercare e trova il miracolato cacciato fuori dalla sinagoga (vv. 34-35) per proporgli di aderire con fede a lui che racchiude in pienezza il mistero del Figlio dell’uomo che, in verità, è il Figlio di Dio! La risposta finale del cieco che ora vede per la prima volta il Signore è una decisa professione di fede resa evidente dall’esplicita affermazione: «Credo, Signore». In tal modo il cieco nato illuminato dal Signore diviene il prototipo e l’esemplare per tutti i credenti.
La preghiera liturgica pone in luce la comprensione battesimale del testo evangelico: «Nel mendicante guarito è raffigurato il genere umano prima nella cecità della sua origine e poi nella splendida illuminazione che al fonte battesimale gli viene donata» (Prefazio I). In questo contesto l’immersione nell’acqua battesimale, evocata dalla piscina di Siloe, rappresenta il passaggio dall’oscurità totale che è l’incredulità alla grazia di vederci, ossia di pervenire alla fede che il Vangelo rende plasticamente nel cieco guarito che vede con i suoi occhi Gesù! È lui, Gesù, il Figlio, la luce vera che al credente è concesso di guardare in faccia, «a viso scoperto».
Cosa questa davvero straordinaria e mirabile se messa a confronto con l’iniziale illuminazione concessa da Dio al suo popolo con il dono della Legge secondo quanto abbiamo ascoltato nella Lettura a proposito di Mosè con il quale il Signore parlava «faccia a faccia», «come uno parla con il proprio amico» (Esodo 37,11) ma, si badi, ciò avveniva dalla nube! Quanto è detto nella pagina veterotestamentaria va inteso come un’anticipazione di ciò che Dio intende fare con ogni uomo. Tutti, infatti, credendo nel suo Inviato, in Gesù di Nazaret,potranno vederlo “faccia a faccia”.
È la concreta esperienza di quanti, avendo ricevuto il dono della fede, riconoscono che in Gesù, Dio «ha lavato la cecità di questo mondo» (Prefazio I), e ogni uomo può vedere e parlare con Dio come si parla con il proprio amico. Perciò il tempo quaresimale ci esorta a lodare, ringraziare e «con tutti i nostri sensi rendere gloria a Dio» (Prefazio I) per tale sua opera mirabile che ci impegna, però, a vivere e a comportarci in modo da piacere a Dio in tutto (Cfr. Epistola: 1Tessalonicesi).
Per questo partecipando all’Eucaristia, mentre fissiamo i nostri occhi sul Figlio morto e risorto nel quale brilla la gloria di Dio, così preghiamo: «Signore, dà luce ai miei occhi perché non mi addormenti nella morte; perché l’avversario non dica: “Sono più forte di lui”. Tu che hai aperto gli occhi al cieco nato, con la tua luce illumina il mio cuore perché io sappia vedere le tue opere e custodisca tutti i tuoi precetti» (All’Inizio dell’assemblea liturgica).
A.Fusi