Parrocchia S. Gerolamo Emiliani di Milano - Blog

Il Blog "Insieme per..." vuole proporre spunti di riflessione e di condivisione per costruire insieme e fare crescere la comunità della parrocchia di San Gerolamo Emiliani di Milano, contribuendo alla diffusione del messaggio evangelico.

venerdì 9 marzo 2012

661 - III DOMENICA DI QUARESIMA

Lettura del libro dell’Esodo (32,7-13b)
Il brano è preceduto dalla narrazione di quanto accadde nell’accampamento degli Ebrei durante la prolungata assenza di Mosè salito sul monte Sinai per ricevere da Dio le tavole del Decalogo e come essi costruirono il vitello d’oro riconosciuto come loro liberatore dall’Egitto (32,1-6).
Dio ordina a Mosè di scendere dal monte denunciando la gravissima perversione idolatrica del suo popolo (vv. 7-8) e manifestandogli la volontà di distruggerlo (vv. 9-10).
I vv. 11-13 riportano la perorazione di Mosè in favore del popolo “ricordando” a Dio il giuramento con il quale si era impegnato con i Patriarchi: Abramo, Isacco e Giacobbe di dare ad essi una «posterità numerosa come le stelle del cielo».
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Prima lettera di san Paolo apostolo ai Tessalonicesi (2,20-3,8)
I vv. 1-5 testimoniano l’ansia dell’Apostolo in ordine alla perseveranza nella fede dei cristiani di Tessalonica (oggi Salonicco in Grecia) città dalla quale si era dovuto allontanare precipitosamente (cfr. Atti degli Apostoli 17,1-10). Per questo scrive ad essi questa lettera per esortarli a mantenersi fedeli pur nelle prove che Paolo stesso ha dovuto subire e invia il fidato discepolo Timoteo a sincerarsi della loro perseveranza nella fede.
I vv. 6-8 manifestano la gioia dell’Apostolo sentendo il resoconto fatto da Timoteo che lo rassicura sulla tenuta della loro fede e sull’affetto che nutrono per lui.
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Vangelo secondo Giovanni (8,31-59)
Il capitolo 8 da cui è preso il brano odierno è contrassegnato dal riferimento ad Abramo come padre di Israele. Qui viene riportato l’insegnamento di Gesù nel Tempio di Gerusalemme, destinato sostanzialmente a rivelare la sua più piena identità di Figlio di Dio, partecipe cioè della natura divina del Padre. Insegnamento che suscita la reazione ostile dei Farisei ma anche un’iniziale adesione di fede da parte di “molti” che lo seguivano e lo ascoltavano.
Il brano appare diviso in due sezioni: i vv. 31-45 riguardano la necessità di credere, mentre i vv. 46-59 insistono sulla necessità di credere alla persona di Gesù. In particolare i vv. 31-36 riportano le parole del Signore «a quei Giudei che gli avevano creduto» almeno inizialmente e che ruotano attorno all’opposizione libertà/schiavitù, s’intende, dal peccato. La libertà è garantita a coloro che “rimangono” nella Parola di Gesù.
I vv. 37-40 introducono il tema di Abramo come Padre del quale, però, quelli che con orgoglio si proclamano figli, non compiono le opere, vale a dire non si pongono in quella disponibilità di fede propria di Abramo! Per questo essi non possono proclamarsi figli di Dio rifiutando di credere in Colui che è uscito da Dio ed è stato da lui inviato ma, con tale rifiuto, dimostrano di essere figli del diavolo (vv. 41-45).
Nei vv. 46-50 si insiste sul fatto che Gesù «dice la verità», in quanto, con la sua Parola, offre l’autentica e piena rivelazione di Dio, al contrario dei suoi interlocutori che, rifiutandola, preferiscono seguire la menzogna.
Di qui la solenne proclamazione del v. 51: «In verità, in verità io vi dico: se uno osserva la mia parola, non vedrà la morte in eterno», che costituisce un estremo appello rivolto da Gesù ai suoi interlocutori perché si aprano all’ascolto e all’osservanza fedele della sua parola che garantisce di poter sfuggire alla morte, da intendere come eterna ovvero come dannazione. Modello di un simile ascolto obbediente è proprio Gesù che, essendo il Figlio, “conosce” Dio, accoglie e osserva la sua volontà (v. 55).
Il brano si chiude con la parola di autorivelazione che il Signore pronuncia a riguardo di sé stesso: «In verità, in verità io vi dico: prima che Abramo fosse, Io sono». Con ciò afferma che Dio, che è l’Unico, può essere trovato e riconosciuto nel Figlio e, di conseguenza, in lui è trovato e riconosciuto come Padre! A questa rivelazione anelava Abramo il quale, a motivo della sua fede, poté “vedere” il Figlio rivelatore di Dio Padre.
Il v. 59 registra infine la reazione violenta dei Giudei che, chiudendosi ostilmente al Figlio rivelatore del Padre, determinano il suo nascondersi ai loro occhi e la sua uscita dal Tempio. Tenendo conto del contesto liturgico quaresimale e letto simultaneamente con le altre lezioni bibliche oggi proclamate, il brano evangelico ha come suo fulcro la figura di Abramo, che Gesù stesso presenta come prototipo e padre di tutti coloro che accolgono la sua Parola e, perciò, compiono anch’essi l’opera propria di Abramo: quella di credere.
È l’opera essenziale nella vita di quanti aspirano con il battesimo a essere radunati in quella «moltitudine di popoli, preannunziati al patriarca come sua discendenza» (Prefazio I) ed è l’opera essenziale alla quale la Quaresima intende richiamare quelli che, già battezzati, vengono chiamati figli di Dio.
Assai istruttiva al riguardo è l’Epistola paolina, con l’esortazione ai cristiani della giovane Chiesa di Tessalonica di mantenersi fermi nella fede loro predicata e trasmessa dall’Apostolo. Esortazione quanto mai attuale anche per noi, messi ogni giorno alla prova dagli accadimenti della vita, dalla propaganda fascinosa del mondo, dalle tentazioni le più diverse e insidiose (cfr. Epistola: 1Tessalonicesi 3,3). Perseverare nella fede battesimale non è opera facile per nessuno.
Non è stato facile per il popolo d’Israele, testimone oculare dei prodigi operati da Dio per la sua liberazione e, tuttavia, capace di traviarsi e di pervertirsi nell’idolatria (Lettura). L’intercessione di Mosè a favore del popolo si è poggiata sulla parola data da Dio ad Abramo, Isacco e Giacobbe (Esodo 32,13).
Il nostro intercessore, il Signore Gesù, poggia la sua richiesta a nostro favore sulla sua fedeltà al volere del Padre e sulla sua obbedienza. Egli chiede a tutti noi, suoi discepoli, di fare altrettanto. L’ascolto umile e sincero della sua Parola è garanzia della nostra perseveranza nella fede in ogni situazione e in ogni prova.
La partecipazione alla mensa eucaristica del suo Corpo e del suo Sangue con la fede ci darà la grazia di perseverare anche nella carità, la stessa che ci viene usata dal Figlio di Dio, fedele e obbediente al Padre, pronto a dare la sua vita perché anche noi diventiamo figli!
A. Fusi