Parrocchia S. Gerolamo Emiliani di Milano - Blog

Il Blog "Insieme per..." vuole proporre spunti di riflessione e di condivisione per costruire insieme e fare crescere la comunità della parrocchia di San Gerolamo Emiliani di Milano, contribuendo alla diffusione del messaggio evangelico.

venerdì 2 marzo 2012

658 - II DOMENICA DI QUARESIMA

Lettura del libro del Deuteronomio (5,1-2.6-21)
Il brano vetero-testamentario è avviato dai primi due versetti del cap. 5 che rappresentano l’introduzione generale a tutta la successiva legislazione data da Dio al suo popolo compreso il decalogo (i dieci comandamenti) dei vv. 6-21.
Il comando dato da Dio di “ascoltare”, “imparare” , “custodire” e “mettere in pratica” i suoi precetti si poggia sul fatto che egli ha liberato il suo popolo dalla schiavitù d’Egitto (v. 6) e ha stabilito con esso la sua “alleanza” (v. 2).
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Lettera di san Paolo apostolo agli Efesini (4,1-7)
I versetti oggi proclamati sono presi dall’inizio della seconda parte della Lettera nella quale l’Apostolo rivolge accorate esortazioni alla comunità di Efeso perché i suoi membri vivano in pienezza la chiamata alla fede (v. 1), nell’esercizio quotidiano dell’accoglienza e della reciproca carità (v. 2) per conservare il più grande tesoro: «l’unità dello spirito» (v. 3).
L’esortazione si poggia sul fatto che tutti i credenti costituiscono «un solo corpo» (v. 4) in Cristo; tutti hanno un solo Signore, «una sola fede, un solo battesimo» (v. 5) e, dunque, tutti hanno «un solo Padre» che distribuisce i doni necessari per far crescere la Chiesa (vv. 6-7).
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Lettura del Vangelo secondo Giovanni (4,5-42)
Il testo è diviso in due grandi sezioni. La prima, vv. 5-26, riporta il dialogo di Gesù con “una donna samaritana” mentre la seconda, vv. 27-42, è incentrata sulla rivelazione dell’“opera” per la quale il Padre ha inviato Gesù nel mondo. In particolare i vv. 5-7 ambientano la scena in Samaria e precisamente presso il pozzo che Giacobbe, il grande patriarca, aveva fatto scavare presso la cittadina di Sicar.
L’evangelista sottolinea che Gesù vi arrivò «affaticato per il viaggio» e nell’ora più calda del mezzogiorno (v. 6). Di qui la sua richiesta alla donna samaritana che entra in scena al v. 7. I vv. 8-15 riportano, con la risposta della donna alla richiesta di Gesù, le importanti parole del Signore sul dono dell’acqua viva capace di togliere la sete e diventare, in chi la beve, «una sorgente d’acqua che zampilla per la vita eterna».
La prima sezione si chiude ai vv. 16-26 con una svolta nel dialogo tra Gesù e la donna alla quale viene rivelata la sua vita disordinata e traviata rispetto alla Legge di Dio (v. 18) inducendola, così, a muovere i suoi primi passi nella fede in Gesù riconosciuto dapprima come un profeta (v. 19). A Lui, uomo ispirato da Dio, pone la questione riguardante il “luogo” dove è possibile incontrare Dio: per i Samaritani era il monte Garazim mentre per i Giudei era il Tempio di Gerusalemme (vv. 20-21).
A questa domanda Gesù risponde con parole di rivelazione di grande permanente attualità e valore (vv. 23-24) con le quali elimina le diatribe legate al “luogo” in cui si deve rendere culto a Dio. Con la sua venuta nel mondo, è «venuta l’ora» in cui il culto divino è sganciato da luoghi e da templi materiali e viene invece compiuto «in spirito e verità» (vv. 23-24) ossia da quanti sono rinati dallo Spirito e si lasciano da lui guidare all’accoglienza piena di fede della Rivelazione portata da Gesù che, di conseguenza, è il Messia che, con la sua venuta svelerà ogni cosa (vv. 25-26).
Con la solenne dichiarazione messianica di Gesù: «Sono io, che parlo con te» si chiude il dialogo con la samaritana. Prende così avvio la seconda sezione (vv. 27-42) inaugurata dall’accorrere a Gesù degli abitanti di Sicar e dell’importante dialogo di Gesù con i suoi discepoli e riguardante il “cibo” con il quale egli si nutre: il compimento della volontà del Padre che lo ha inviato nel mondo per salvare il mondo (vv. 31-34).
È questa l’“opera” che il Padre ha affidato a Gesù e alla quale egli ora associa i suoi discepoli con l’invito: «Alzate i vostri occhi e guardate i campi che già biondeggiano per la mietitura» e con l’esplicito mandato missionario espresso con il verbo mietere. Essi, infatti, dovranno raccogliere l’umanità nella comunione con Dio, qui indicata con l’espressione “vita eterna” (vv. 35-38).
La conclusione (vv. 39-42) fa capire che i Samaritani che credono nel Signore «per la parola della donna» e ancora di più «per la sua parola» professando la fede in Gesù quale «salvatore del mondo», sono, in verità, primizie dell’“opera” salvifica commessa da Dio al suo Figlio e da questi ai suoi discepoli e, dunque, ai discepoli di tutti i tempi.
Il brano evangelico attende ora di essere letto nel peculiare contesto liturgico del tempo di Quaresima che ha lo scopo di preparare alla grazia del Battesimo e, per noi già battezzati, di attivarla mediante il ricorso alla Penitenza. Il battesimo è il dono inestimabile che incorpora nell’unico Corpo del Signore, mosso da un solo Spirito, animato da una sola fede. Un Corpo, quello di Cristo, nel quale tutti si riconoscono figli di un unico Padre.
È l’insegnamento che ci è stato trasmesso dagli Apostoli come testimonia l’Epistola paolina oggi proclamata. Si perviene alla grazia battesimale mediante la fede, vale a dire, nell’accoglienza di Gesù come rivelatore di Dio. La rivelazione portata agli uomini dal Figlio unigenito di Dio, porta a compimento e in tutta verità ciò che è racchiuso nell’immagine dell’“acqua viva” che Gesù promette alla donna samaritana rappresentante di tutta l’umanità “assetata”, alla ricerca cioè della felicità. Per l’Antico Testamento l’“acqua viva” indica la divina rivelazione riassunta dalla Legge e in particolare dal Decalogo (cfr. Lettura).
Quella rivelazione, però, attende di essere portata a compimento in Gesù, il Figlio di Dio venuto nel mondo e, dunque, in grado di annunciare e di rivelare Dio e il suo disegno sull’umanità: raccoglierla in unità nella partecipazione alla sua vita divina così come è raccolta la messe una volta mietuta.
È lui, dunque, il “pozzo” a cui attingere l’“acqua viva” che è la sua Parola capace di soddisfare il più profondo dei bisogni dell’uomo: avere parte alla “vita”, quella di Dio! Per questo, come giustamente interpreta la preghiera liturgica: «Cristo Signore nostro... chiedendo da bere a una donna samaritana, le apriva la mente alla fede; desiderando con ardente amore portarla a salvezza, le accendeva nel cuore la sete di Dio» (Prefazio).
È la stessa “sete” che il Signore tiene viva anche oggi in noi e nell’umanità del nostro tempo. Un’umanità che è alla continua vana ricerca di “pozzi” da cui bere l’acqua della felicità. Ogni uomo, in realtà, è un pellegrino alla ricerca del “pozzo”. Tocca a noi, discepoli del Signore che da lui beviamo ogni giorno l’”acqua viva” del suo Vangelo e del suo dono d’amore che è l’Eucaristia, tener vivo nel cuore di chi ci sta accanto il desiderio di Dio e accompagnarlo fino al “pozzo” che è Cristo Signore.
Dal suo fianco, infatti, aperto dalla lancia del soldato, è uscito nel segno del “sangue e dell’acqua” il fiume inarrestabile dell’acqua viva che opera in quanti accolgono con fede la sua parola e vengono rigenerati nel Battesimo alla grazia di figli di Dio, incorporati nella sua Chiesa abitata dallo Spirito Santo e nella partecipazione al suo Corpo e al suo Sangue nel banchetto eucaristico sperimentano la bellezza e la sovrabbondanza del dono divino che in essi diventa «una sorgente d’acqua che zampilla per la vita eterna» (Giovanni 4,14).
Non a caso, perciò, così cantiamo nell’antifona Alla Comunione: «Dal tuo cuore, Signore Gesù, fiumi d’acqua viva scorreranno. Ascolta pietoso il grido di questo popolo e aprici il tesoro della tua grazia che santifica il cuore dei credenti».
A. Fusi