Parrocchia S. Gerolamo Emiliani di Milano - Blog

Il Blog "Insieme per..." vuole proporre spunti di riflessione e di condivisione per costruire insieme e fare crescere la comunità della parrocchia di San Gerolamo Emiliani di Milano, contribuendo alla diffusione del messaggio evangelico.

venerdì 13 gennaio 2012

643 - II DOMENICA DOPO L’EPIFANIA

Il brano evangelico di Luca 24,1-8 si premura di collocare il racconto nel terzo giorno che succede ai primi due caratterizzati dalla chiamata dei primi discepoli (vv. 35-51) e di ambientarlo in una festa di nozze nella città di Cana in Galilea senza trascurare di nominare tra gli invitati la madre di Gesù, Gesù stesso e i suoi discepoli (vv. 1-2).
I vv. 3-5 sottolineano il protagonismo della madre di Gesù che sollecita da lui un intervento a motivo dell’improvvisa mancanza di vino. L’apparente risposta negativa di Gesù che si rivolge alla madre con l’appellativo “donna”, da lui ripreso nel momento della sua morte (cfr. Giovanni 19,26), è motivata dal fatto che «non è ancora giunta la mia ora» (v. 4). L’ “ora” di Gesù è quella della sua “glorificazione” sulla Croce con il conseguente ritorno al Padre.
Di fatto Gesù interviene ordinando di riempire di acqua le anfore, di cui viene precisato il numero: sei, e la capienza: «da ottanta a centoventi litri l’una» (v. 6). Segue la constatazione da parte del direttore del banchetto della bontà del vino fatta notare allo sposo (vv. 9-10).
L’evangelista non trascura di sottolineare che colui che dirigeva il banchetto «non sapeva da dove venisse» quel vino: un non sapere, una non conoscenza che dice la necessità di aprire il cuore alla fede di Gesù, il rivelatore unico di Dio.
Il v. 11 precisa che questo «fu l’inizio dei segni compiuti da Gesù» appunto per rivelare la sua identità e per sollecitare a credere in lui come hanno prontamente fatto i suoi discepoli.
In questa seconda domenica le divine scritture ci invitano a guardare a Gesù che alle nozze di Cana, mutando l’acqua in vino, dà inizio ai segni rivelatori della sua identità e sollecita l’adesione di fede in lui.
Il segno di Cana vuole espressamente dire che in Gesù, nella sua Persona, sono finalmente arrivati “i tempi messianici”. Questi sono caratterizzati dall’invito rivolto a tutte le genti a prendere parte alla gioiosa comunione di vita con Dio profeticamente significata nel «banchetto di cibi succulenti e di vini raffinati» (Cfr. Lettura) e ora possibile nel suo Unico Figlio.
La partecipazione alla vita divina ha come conseguenza lo strappo del “velo” e della “coltre” che grava sull’umanità. Si tratta del velo dell’ignoranza di Dio a motivo dell’incredulità e della coltre funerea stesa sul mondo a causa del peccato, che impedisce agli uomini di conoscerlo sperimentando il suo amore, capace di eliminare «la morte per sempre», di asciugare «le lacrime su ogni volto» di far scomparire «l’ignominia del suo popolo» (Lettura).
Tutto ciò viene da Dio conseguito con l’invio nel mondo del suo Figlio e, segnatamente, nel mistero della sua morte e risurrezione, le cui conseguenze salvifiche vengono partecipate a quanti credono in lui come hanno fatto Maria e i suoi discepoli alle nozze di Cana (Vangelo).
La fede in lui è il presupposto per andare oltre i “segni” e cogliere nel Signore “il mistero di Dio” nel quale, come scrive l’Apostolo, «sono nascosti tutti i tesori della sapienza e delle conoscenza» fino ad arrivare a credere che «È in lui che abita corporalmente tutta la pienezza della divinità» (Epistola). Sicché proprio dalla pienezza di Cristo è possibile attingere i doni divini insperati quali la comunione con Dio stesso e il conseguente superamento del dominio del male, del peccato e della morte. La preghiera liturgica ascrive tutto ciò alla “potenza” e alla “gloria eterna” ovvero al progetto di salvezza concepito da Dio Padre al quale così si rivolge: «Tu per alleviarci le fatiche della vita ci hai confortato con l’esuberanza dei tuoi doni e per richiamarci alla felicità primitiva ci hai mandato dal cielo Gesù Cristo tuo Figlio e Signore nostro» ( Prefazio).
Nella celebrazione eucaristica, mentre alimentiamo la nostra fede nel Signore, veniamo «radicati e costruiti su di lui» (Epistola) e fatti sedere al banchetto del suo corpo e del suo sangue, sperimentiamo l’esuberanza dei doni divini significati dal «Pane di vita» che ci rende «capaci di conseguire i beni eterni offerti alla nostra speranza» (Orazione Dopo la Comunione).
Alberto Fusi