Parrocchia S. Gerolamo Emiliani di Milano - Blog

Il Blog "Insieme per..." vuole proporre spunti di riflessione e di condivisione per costruire insieme e fare crescere la comunità della parrocchia di San Gerolamo Emiliani di Milano, contribuendo alla diffusione del messaggio evangelico.

venerdì 25 marzo 2011

511 - LA DOMENICA DI ABRAMO

Il brano evangelico di Giovanni 8,31-59 riporta l’insegnamento di Gesù nel tempio di Gerusalemme e destinato sostanzialmente a rivelare la sua più piena identità di Figlio di Dio, partecipe cioè della natura divina del Padre. Insegnamento che suscita la reazione dei Farisei ma anche un’iniziale adesione di fede da parte di “molti” che lo seguivano e lo ascoltavano. Occorre, inoltre, ricordare che tutto il capitolo è come contrassegnato dal continuo riferimento ad Abramo come “padre” del popolo d'Israele.

Il testo, per comodità di lettura, lo dividiamo in due sezioni. La prima vv. 31-45 è incentrata sulla necessità di “credere” e la seconda sezione (vv. 46-59) sulla necessità di credere alla persona di Gesù. In particolare i vv. 31-36 riportano le parole di Gesù «a quei Giudei che gli avevano creduto» almeno inizialmente e che ruotano attorno all’opposizione “libertà/schiavitù”, s’intende, del peccato. La “libertà” è garantita a coloro che “rimangono” nella Parola di Gesù.

I vv. 37-40 introducono il tema di Abramo come Padre del quale, però, quelli che con orgoglio si proclamano “figli”, non compiono le opere, vale a dire non si pongono in quella disponibilità di fede propria di Abramo! Per questo essi non possono proclamarsi addirittura “figli” di Dio rifiutando di credere in colui che è “uscito” da Dio ed è stato da lui “inviato”, ma, con tale rifiuto, dimostrano, in verità, di essere figli del diavolo (vv. 41-45). Nei vv. 46-50 si insiste sul fatto che Gesù “dice la verità”, reca cioè con la sua Parola l’autentica e piena rivelazione di Dio al contrario dei suoi interlocutori che rifiutando la sua parola di “verità” preferiscono seguire la menzogna.

Di qui la solenne proclamazione del v. 51: «In verità, in verità io vi dico: se uno osserva la mia parola, non vedrà la morte in eterno», che costituisce un estremo appello rivolto da Gesù ai suoi interlocutori perché si aprano all’ascolto e all’osservanza fedele della sua parola che garantisce di sfuggire alla “morte”. Modello di un simile ascolto obbediente è Gesù che, essendo il Figlio, “conosce” Dio, accoglie e osserva la sua volontà (v. 55).

Il brano si chiude con la parola di autorivelazione che Gesù pronuncia a riguardo di sé stesso: «In verità, in verità io vi dico: prima che Abramo fosse, Io sono». Con ciò il Signore afferma che Dio, che è l’Unico, può essere trovato e riconosciuto nel Figlio e, di conseguenza, è trovato e riconosciuto come Padre! A questa rivelazione “anelava” Abramo che, a motivo della sua fede, poté “vedere” e gioire del Figlio rivelatore di Dio Padre!

Il v. 59 registra infine la reazione violenta dei giudei che chiudendosi ostilmente al Figlio rivelatore del Padre, determinano il suo “nascondersi” ai loro occhi e la sua “uscita” dal tempio.

Tenendo conto del contesto liturgico quaresimale e, letto, simultaneamente con le altre lezioni bibliche oggi proclamate, il brano evangelico ha come fulcro la figura di Abramo che Gesù stesso presenta come prototipo e padre di tutti coloro che accolgono la sua Parola e, perciò, compiono anch’essi l’ “opera” propria di Abramo: la fede!

L’Epistola al riguardo afferma che «figli di Abramo sono quelli che vengono dalla fede» ed ereditano così quella “benedizione” con la quale fu “benedetto” da Dio (cfr. Galati, 3,7-9) e che fluisce su coloro che credono attraverso Cristo crocifisso.

È lui, infatti, che con la sua croce ci libera dalla “maledizione” dovuta all’incredulità e al peccato. Nell’ora della croce il Signore Gesù ha offerto sé stesso a Dio come intercessore a favore degli uomini sui quali, come già su Israele pur liberato dall’Egitto, grava l’“ira” di Dio (Lettura: Esodo 32,10). La sua intercessione, però, diversamente da quella di Mosè in favore del solo popolo d’Israele (Esodo 32,11-13) riguarda l’intera umanità che ieri, come oggi, purtroppo, non tarda “ad allontanarsi dalla via” indicata da Dio (Esodo 32,8).

La Quaresima, pertanto, chiede a tutti noi di riattivare il dono battesimale della “fede” che si poggia esclusivamente su ciò che il Signore Gesù ha compiuto, perché su tutti noi passasse la “benedizione di Abramo” e ricevessimo la promessa dello Spirito, che ci fa “figli” di Dio e ci raduna in quella «moltitudine di popoli, preannunziati al patriarca come sua discendenza» che noi chiamiamo Chiesa (Prefazio I).

Per questo veniamo esortati a fare le “opere” di Abramo che consistono in un reale “ascolto” della Parola, in una sua cordiale “accoglienza” capace di tradursi in una fedele “osservanza” e obbedienza. L’Eucaristia domenicale è il luogo privilegiato per una simile esperienza che, attende, però, di essere prolungata concretamente nella vita di ogni giorno.

È quanto umilmente e fiduciosamente chiediamo: «O Dio,che per la forza dello Spirito Santo iscrivi indelebilmente nel cuore dei credenti la santità della tua legge, donaci di crescere nella fede, nella speranza e nell’amore perché, conformandoci sempre al tuo volere, ci sia dato di conseguire un giorno la terra della tua promessa» (All’inizio dell’Assemblea Liturgica 2).

A.Fusi