Parrocchia S. Gerolamo Emiliani di Milano - Blog

Il Blog "Insieme per..." vuole proporre spunti di riflessione e di condivisione per costruire insieme e fare crescere la comunità della parrocchia di San Gerolamo Emiliani di Milano, contribuendo alla diffusione del messaggio evangelico.

venerdì 8 ottobre 2010

409 - CHI ACCOGLIE VOI ACCOGLIE ME

Il brano evangelico segna la conclusione del “discorso della missione” (Matteo 10,5-42), incentrata sull’accoglienza degli inviati per la predicazione del Vangelo. In particolare il v 40 riporta un “detto” di Gesù rivolto proprio agli apostoli, suoi inviati, nei quali si fa presente lui stesso e, tramite lui, colui che lo ha “mandato”, Dio!

Il v 41 contiene il “detto” di Gesù rivolto a quanti accolgono i suoi messaggeri promettendo loro la stessa “ricompensa” data a essi. Il v 42, infine, riferisce la promessa della “ricompensa” a quanti accoglieranno “questi piccoli” ossia poveri, perseguitati, emarginati, proprio perché suoi “discepoli”.

I testi biblici di questa domenica convergono nell’evidenziare come è Dio stesso e, di conseguenza, il Signore Gesù a farsi presente nel suo popolo e ora, nella Chiesa, attraverso il servizio “missionario” compiuto da qualificati suoi “invitati”.

I medesimi testi sono inoltre concordi nel sottolineare l’esigenza di “accogliere” tali “inviati”. Essi, in realtà, come i profeti, preparano la venuta di Gesù Cristo, il Figlio “mandato” dal Padre o, come nel caso degli apostoli, sono mandati da Gesù a predicare il suo Vangelo di salvezza a partire dalla comunità stessa del Signore, dalla Chiesa.

Alla Chiesa Gesù insegna ad “accogliere” i suoi messaggeri, ovvero quanti prolungano la sua presenza, con un’accoglienza che non si limiti alla pura ospitalità, per quanto premurosa, ma con un’accoglienza che dica accettazione del messaggio che essi trasmettono.

La Sacra Scrittura ha in grande onore e pone in grande rilievo l’“ospitalità” accordata specialmente ai servi di Dio. La Lettura, in proposito, propone l’esempio della «vedova di Sarepta di Sidone» che non esita ad accogliere il profeta Elia e a mettere a sua disposizione tutto quanto le era rimasto per sopravvivere con suo figlio (1Re 17,12). Anche l’Epistola sottolinea, con riferimento all’accoglienza riservata da Abramo ai tre misteriosi personaggi presso le querce di Mamre (Genesi 18,1-4), come alcuni praticando l’ospitalità «senza saperlo hanno accolto degli angeli» (Ebrei 13,2), ovvero, messaggeri celesti. Nei messaggeri e inviati a portare la Parola i credenti sono perciò esortati da Gesù ad “accogliere” lui stesso e colui che lo ha inviato Dio il Padre.

Tale ospitalità verso i suoi messaggeri è a Dio molto gradita. Egli non lascerà senza “ricompensa” anche i più semplici e umili gesti di accoglienza come offrire «anche solo un bicchiere d’acqua fresca» soprattutto ai “piccoli” ossia a quei membri della comunità che trasmettono la sua Parola e rendono al vivo la persona del Signore Gesù non tanto con la predicazione ma con la loro stessa vita contrassegnata da povertà materiale e da marginalità.

La vedova di Sarepta come “ricompensa” dell’ospitalità data a Elia ottenne che la «farina della giara non venne meno e l’orcio dell’olio non diminuì» (1Re 17,16). Di lei e di suo figlio si prese cioè cura Dio stesso come fece con il profeta Elia per il quale dispose che “i corvi” gli portassero mattina e sera “pane e carne” (1Re 17,6).

Chi accoglie il messaggero del Vangelo sia esso un “profeta”, un “giusto”, ovvero “uno di questi piccoli” che la lettera agli Ebrei individua nei “carcerati” e nei “maltrattati” (Ebrei 13,3), in quanto “discepoli” e, perciò, immagine di Gesù maltrattato e rifiutato come inviato del Padre, riceverà la “ricompensa”.

Questa consiste nella premurosa vicinanza di Dio da lui stesso assicurata: «Non ti lascerò e non ti abbandonerò» (v 5) e così espressa nel Salmo 4: «Il Signore fa prodigi per il suo fedele; il Signore mi ascolta quando lo invoco», ma specialmente nella partecipazione alla salvezza e alla vita divina che è la ricompensa spettante ai “profeti”, ai “giusti” e a “questi piccoli”.

(A. Fusi)