Parrocchia S. Gerolamo Emiliani di Milano - Blog

Il Blog "Insieme per..." vuole proporre spunti di riflessione e di condivisione per costruire insieme e fare crescere la comunità della parrocchia di San Gerolamo Emiliani di Milano, contribuendo alla diffusione del messaggio evangelico.

martedì 28 settembre 2010

403 - AMA LAVITA !

Ama la vita così com'è.
Amala pienamente, senza pretese;
amala quando ti amano o quando ti odiano,
amala quando nessuno ti capisce,
o quando tutti ti comprendono.

Amala quando tutti ti abbandonano,
o quando ti esaltano come un re.
Amala quando ti rubano tutto,
o quando te lo regalano.
Amala quando ha senso
o quando sembra non averlo nemmeno un po'.

Amala nella piena felicità,
o nella solitudine assoluta.
Amala quando sei forte,
o quando ti senti debole.
Amala quando hai paura,
o quando hai una montagna di coraggio.
Amala non soltanto per i grandi piaceri
e le enormi soddisfazioni;
amala anche per le piccolissime gioie.

Amala seppure non ti dà ciò che potrebbe,
amala anche se non è come la vorresti.
Amala ogni volta che nasci
ed ogni volta che stai per morire.
Ma non amare mai senza amore.

Non vivere mai senza vita!

(Madre Teresa)


venerdì 24 settembre 2010

402 - IL PANE DISCESO DAL CIELO

Il brano evangelico è desunto da quello che si è soliti indicare come il discorso di Gesù sul mistero del “pane della vita”: Giovanni 6,25-58. In particolare il v 51 riporta le misteriose parole conclusive di autorivelazione come “pane della vita” ovvero come “il pane vivo disceso dal cielo” (vv 48-51). Il v 52 riferisce la reazione assai polemica degli ascoltatori che, in pratica, si rifiutano di accettare che la loro “vita” dipenda da un uomo qual è Gesù!

I vv 53-58 contengono la risposta all’obiezione incredula dei Giudei con la dettagliata spiegazione delle precedenti parole di “autorivelazione”. Il v 59, infine, che di per sé, conclude l’intero discorso, si incarica di riferire che esso è stato pronunziato da Gesù “insegnando nella sinagoga di Cafarnao”.

Il raccordo del brano evangelico con la Lettura presa dal libro dei Proverbi e con l’Epistola paolina è offerta dal simbolismo sapienziale del “nutrimento” espresso realisticamente nel Vangelo con il verbo “mangiare”. In questa quarta domenica dopo il martirio del Battista, la liturgia offre la sua specifica “testimonianza” su Gesù che si è rivelato come il “pane vivo disceso dal Cielo” del quale è indispensabile nutrirsi per avere in dono la “vita eterna”.

Questa va intesa anzitutto come comunione di amore con Dio stesso, resa possibile e stabilita con il «mangiare la carne del Figlio dell’uomo» e con il «bere il suo sangue» (6,53). Nell’invito del Signore a mangiare la sua “carne” e a “bere” il suo “sangue” si compie, in tutta verità, ciò che la Scrittura aveva annunziato come invito della Sapienza a “mangiare il mio pane e a bere il mio vino” (Proverbi 9,5).

Il “cibo” imbandito dalla Sapienza è in realtà la Legge donata da Dio al suo popolo al fine di preservarlo dalle tristi conseguenze dovute alla sua “inesperienza” e soprattutto per farlo camminare “per la via dell’intelligenza” ovvero dell’accoglienza amorosa e concreta della stessa Legge.

Eppure, questo “cibo”, così come quello della “manna” fatta piovere da Dio sul suo popolo in marcia nel deserto, pur essendo veri “doni” divini non lo hanno preservato dalla morte! La Legge e la “manna”, pertanto, sono da considerare come annuncio profetico che prepara a ricevere e a mangiare il “pane vivo disceso dal Cielo”, vale a dire la “carne” e il “sangue” di Gesù, compreso nella sua realistica condizione di mortalità così come si è manifestata dall’Incarnazione e, massimamente, nell’ora della croce.

È questo il cibo in grado di assicurare la “vita eterna” qui intesa come intima comunione con il Signore. Nel “mangiare la carne e bere il suo sangue”, infatti, si realizza, come Gesù stesso afferma, una sorprendente, reciproca osmosi: «rimane in me e io in lui» (Giovanni 6,56).

Anche l’Apostolo, al riguardo, parla di “comunione” ossia di intima reciproca unione che viene a stabilirsi tra Gesù e i fedeli i quali nel “calice” e nel “pane” della mensa eucaristica (1Corinzi 10,16) partecipano, nel mistero, a ciò che il “pane e il “calice” significano e contengono: il corpo offerto e il sangue del Signore versato per la salvezza e la vita del mondo.

Nel Signore Gesù, nell’atto di dare “la sua carne per la vita del mondo”, si attua così il disegno della Sapienza divina che consiste nel rendere partecipe il credente della sua stessa vita. La celebrazione eucaristica, attraverso la proclamazione della Parola e i santi “segni” dell’altare, è “testimonianza” viva di ciò che il Signore ha detto e ha fatto al fine di donare la sua “carne”, ossia tutto sé stesso come vero “cibo” di vita. La celebrazione ci esorta, anzitutto, a “credere” nella Parola che viene pronunziata sul pane e sul vino per la loro trasformazione nel “corpo” e nel “sangue” del Signore. La celebrazione ci invita a “mangiare” e a “bere” alla mensa del Signore per avere parte alla sua passione e alla sua morte sofferta perché tutti noi avessimo, da ora, la “vita”, la sua stessa “vita”.

La preghiera liturgica, perciò, “rende grazie” ed “esalta” la divina sapienza del Padre il quale, nel donarci il «pane vivo disceso dal Cielo»: «già in questa fuggevole vita» ci assicura e ci anticipa il possesso della ricchezza eterna (Prefazio).

(A.Fusi)

401 - QUARTA DOMENICA DOPO IL MARTIRIO DEL PRECURSORE

Lettura: Proverbi 9, 1-6: uno dei simboli fondamentali con cui le Scritture ci parlano della salvezza di Dio è quello del pane. Per la nostra vita il pane è qualcosa di essenziale, non possiamo farne a meno. Ancor di più, non possiamo fare a meno di Dio e della relazione con Lui.

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Salmo 33: gustate e vedete quanto è buono il Signore!

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Epistola: 1Corinzi 10, 14-21: in Gesù il pane che Dio ci offre è la carne stessa del suo Figlio morto e risorto per noi. Paolo rilegge in profondità il mistero eucaristico: il pane che spezziamo ci pone in reale comunione con Cristo e fa anche di noi un solo corpo in lui e con lui.

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Vangelo: Giovanni 6, 51-59: Ascoltiamo una delle più alte rivelazioni del mistero di Gesù. Egli dona la sua carne come pane per la nostra vita e quella del mondo. Ci rende partecipi della comunione stessa che vive con il Padre. Dimorando in noi ci consente di dimorare in Dio.

martedì 21 settembre 2010

400 - TUTTO CIO' CHE VUOLE IL SIGNORE

lunedì 20 settembre 2010

399 - SIGNORE FA' DI ME

Signore, fa di me ciò che vuoi!
Non cerco di sapere in anticipo

i tuoi disegni su di me,
voglio ciò che Tu vuoi per me.

Non dico:
"Dovunque andrai, io ti seguirò!",
perché sono debole,
ma mi dono a Te perché sia Tu a condurmi.
Voglio seguirTi nell'oscurità,
non Ti chiedo che la forza necessaria.

O Signore, fa' ch'io porti ogni cosa davanti a Te,
e cerchi ciò che a Te piace in ogni mia decisione
e la benedizione su tutte le mie azioni.

Come una meridiana non indica l'ora se non con il sole,
così io voglio essere orientato da Te,
Tu vuoi guidarmi e servirTi di me.
Così sia, Signore Gesù!
(cardinale John Newman)

venerdì 17 settembre 2010

398 - TERZA DOMENICA DOPO IL MARTIRIO DEL PRECURSORE

"Quanti ascolteranno la voce del Figlio di Dio vivranno": è la promessa che accompagna la liturgia odierna. Giovanni ha dato testimonianza del Signore e, "come lampada che arde e risplende", è stato illuminato dalla verità che annunciava. La parola e le opere di Gesù trovano la loro conferma nella testimonianza stessa del Padre, che Giovanni per primo ha accolto. Alla scuola della parola di Dio, siamo chiamati a seguire l'esempio del Precursore del Signore, tenendo "fisso lo sguardo su Gesù, che dà origine alla fede e la porta a compimento".
In questa domenica celebriamo la Giornata per il Seminario, quale rinnovata espressione della cura e della preghiera che ogni Comunità della nostra Diocesi riserva alle vocazioni sacerdotali.
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Lettura di Isaia 43,24c-44,3: Dio promette di cancellare i nostri peccati, e lo fa non per un nostro merito, ma per "amore di se stesso". Il perdono si fonda sulla sua fedeltà e sul suo amore, con i quali ha scelto (eletto) il suo popolo, formandolo sin dal seno materno.
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Salmo 32: Cantate al Signore, acclamate il suo santo nome.
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Epistola Ebrei 11,39-12,4: La vita cristiana è lotta contro il peccato, corsa perseverante, resistenza nella prova. Tutto ciò è reso possibile da uno sguardo che non si curva su noi stessi, ma si fissa su Gesù: lui porta a compimento ciò che sempre grazie a lui riusciamo a iniziare.
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Vangelo Giovanni 5,25-36: A rendere testimonianza a Gesù ci sono le opere che egli compie in obbedienza alla volontà del Padre. E l'opera per eccellenza che il Padre affida al Figlio è quella di donare la vira eterna, in abbondanza, a coloro che ascoltano la sua parola.

397 - LA TESTIMONIANZA DI GESU’

Il brano evangelico, qui riportato, fa parte di un più ampio discorso di autorivelazione di Gesù come Figlio di Dio (5,19-30) e al quale Dio stesso rende “testimonianza” (31-47). In particolare nei vv 25-30 viene messa in luce “l’opera” propria che è affidata a Gesù nei confronti dell’intera umanità dall’inizio alla conclusione della storia contrassegnata dal “giudizio”.

I vv 31-36, invece, riportano le autorevoli “testimonianze” elencate da Gesù stesso e che riguardano la sua persona e la sua missione: la “testimonianza resa da Giovanni Battista” (vv 32-33) e soprattutto quella del Padre che lo ha “mandato” (v 36).

In questa domenica è perciò posto in primo piano il mistero di Gesù, il Figlio di Dio inviato nel mondo per attuare la missione salvifica nei riguardi dell’intera umanità. Questa, a causa dell’incredulità e del peccato che la allontana dalla “vita”, da Dio, è come chiusa in un sepolcro dal quale verrà richiamata in vita per ricevere la sentenza della definitiva condanna (cfr. v 29).

La Scrittura, con accenti molto simili, descrive la situazione drammatica in cui versa il popolo stesso di Dio a motivo dei suoi peccati e delle sue iniquità (cfr. Lettura: Isaia 43,24s). Ma è sempre la stessa Scrittura a rivelare l’agire buono e misericordioso di Dio “per amore” di sé stesso, in corrispondenza cioè con la sua natura. Egli, con decisione libera e gratuita, “cancella” i misfatti del suo popolo, non “ricorda” i suoi peccati (cfr. v 25) e addirittura riversa su di esso il “suo spirito” e la “sua benedizione” per sempre (44,3). In tal modo Dio rianima e fa rifiorire il suo popolo, come avviene per un “suolo assetato” e un “terreno arido” su cui viene riversata acqua in abbondanza (v 3).

Questa unica prospettiva salvifica per il mondo e la storia si è definitivamente e concretamente realizzata con la “benedizione” di Dio che è il suo Figlio Gesù, il quale con la predicazione del suo Vangelo richiama “in vita” quanti “ascoltano” la sua voce, ossia lo accolgono e credono in lui (Vangelo: Giovanni 5,25).

Il Figlio, “che ha la vita in sé stesso” (v 26), viene nel mondo per donare la vita “eterna”. Questo dono, però, esige di essere accolto liberamente, con adesione di fede, sulla base di precise “testimonianze” destinate ad assicurare che lui è il Messia, è l’inviato da Dio. La testimonianza prima e “superiore” è data da Dio stesso al suo Figlio attraverso le “opere”, ossia i miracoli che Gesù compie e che di per sé solo Dio può compiere (v 36): “dare la vista ai ciechi, far parlare i muti, risuscitare i morti”.

A ben guardare, come afferma la Lettera agli Ebrei una moltitudine di “testimoni”, vale a dire i grandi personaggi biblici quali i Patriarchi, Mosè, i Profeti e, da ultimo, Giovanni il Battista, danno “testimonianza” che la loro opera e la loro missione, pur autentica, è provvisoria e limitata nel tempo e nello spazio e preannunciano perciò la missione e l’opera definitiva di Gesù il Figlio di Dio che ha un valore sovratemporale e universale e, nel quale, “Dio aveva predisposto qualcosa di meglio” (Epistola: Ebrei 11,40) per noi: il “dono” della vita che ha “in sé stesso” e che «ha concesso anche al Figlio di avere in sé stesso» (Giovanni 5,26).

Mossi da questa moltitudine di “testimoni”, anche noi siamo invitati a tenere «fisso lo sguardo su Gesù, colui che dà origine alla fede e la porta a compimento» (Ebrei 12,2). Siamo sollecitati, in una parola, ad accogliere con fede il Figlio, rivelatore del Padre, portatore della “vita” capace di risuscitare i morti, nello spirito come nel corpo.

Siamo inoltre sollecitati a dare la nostra personale e comunitaria “testimonianza” a Gesù, deponendo concretamente «tutto ciò che è di peso e il peccato che ci assedia» (Ebrei 12,1) per chiuderci nel “sepolcro” di morte. Egli, non lo dimentichiamo, «si sottopose alla croce» (v 2), l’“opera” ultima che il Padre gli ha dato da compiere e con la quale ci ha resi partecipi della “vita”.

(A. Fusi)

giovedì 16 settembre 2010

396 - I TUOI POVERI

Perdonami, Signore, se quando ho dato a chi aveva bisogno, mi sono sentito benefattore. Tu conosci perfettamente il mio squallore e quanto io stesso abbia bisogno di aiuto!

Tu mi assicuri che i poveri mi portano a Te; sei Tu che me li hai fatti incontrare, perchè camminando con loro ricevessi i Tuoi insospettati favori e il Tuo perdono. Se io non li avessi accolti, forse neppure Ti avrei conosciuto!

I loro modi possono essere rudi, senza finezze di città o di palazzo, ma il pane spezzato con loro riceve un sapore intenso, la loro stretta di mano è forte e autentica, il loro bisogno mortifica la mia sicurezza.

I Tuoi poveri sono la strada che porta alla Tua predilezione e al mondo dei Tuoi misteri; è ai semplici che Tu Ti riveli e ai potenti nascondi il Tuo volto.

Ricordo, Signore, che ai Tuoi intimi hai affidato sul monte lo sconcertante proclama: "Beati i poveri, perchè di essi è il Regno dei Cieli!"

(G. Perico)

lunedì 13 settembre 2010

395 - ICONA DELL'ESALTAZIONE DELLA CROCE

L’icona della festa – quella qui riprodotta è della scuola di Novgorod, fine del secolo XV° - ha uno schema semplice rimasto invariato nel corso dei secoli: riproduce il gesto del celebrante che esalta la croce per permettere a tutti di vederla. A questo schema di base vengono aggiunti personaggi e categorie di persone per sottolineare che la Croce protegge tutti dal maligno e dai suoi assalti. Spesso (anche in questa icona) vediamo sullo sfondo una cupola che sovrasta una chiesa.

Sulla verticale della cupola il patriarca compie il gesto di sollevare sopra la propria testa, la croce ornata alla base dal basilico; due diaconi sorreggono le sue braccia, come gli Israeliti avevano fatto con Mosè in preghiera. Il gruppo si trova sull’ambone che si erge al centro della chiesa. Sulla sinistra, sotto un baldacchino, c’è Costantino in atteggiamento di supplica e accanto a lui la madre Elena.

Sotto la croce, varie categorie di persone perché la salvezza è universale. La figura della croce, infatti, dividendosi in quattro parti a partire dalla giunzione del centro abbraccia il cielo, cioè l’altezza; l’abisso, cioè la profondità; la terra, cioè la lunghezza; il mare, cioè la larghezza; così le quattro dimensioni della Croce mostrano che Colui che è stato disteso su di essa è il Verbo di Dio la cui potenza penetra la totalità della creazione.

394 - ESALTAZIONE DELLA CROCE – 14 SETTEMBRE

La festa in onore della Croce venne celebrata la prima volta nel 335, in occasione della “Crucem” sul Golgota, e quella dell'"Anàstasis", cioè della Risurrezione. La dedicazione avvenne il 13 dicembre. Col termine di "esaltazione", che traduce il greco hypsòsis, la festa passò anche in Occidente, e a partire dal secolo VII, essa voleva commemorare il recupero della preziosa reliquia fatto dall'imperatore Eraclio nel 628.

Della Croce trafugata quattordici anni prima dal re persiano Cosroe Parviz, durante la conquista della Città santa, si persero definitivamente le tracce nel 1187, quando venne tolta al vescovo di Betlem che l'aveva portata nella battaglia di Hattin.

La celebrazione odierna assume un significato ben più alto del leggendario ritrovamento da parte della pia madre dell'imperatore Costantino, Elena. La glorificazione di Cristo passa attraverso il supplizio della croce e l'antitesi sofferenza-glorificazione diventa fondamentale nella storia della Redenzione: Cristo, incarnato nella sua realtà concreta umano-divina, si sottomette volontariamente all'umiliante condizione di schiavo (la croce, dal latino "crux", cioè tormento, era riservata agli schiavi) e l'infamante supplizio viene tramutato in gloria imperitura. Così la croce diventa il simbolo e il compendio della religione cristiana.

La stessa evangelizzazione, operata dagli apostoli, è la semplice presentazione di "Cristo crocifisso". Il cristiano, accettando questa verità, "è crocifisso con Cristo", cioè deve portare quotidianamente la propria croce, sopportando ingiurie e sofferenze, come Cristo, gravato dal peso del "patibulum" (il braccio trasversale della croce, che il condannato portava sulle spalle fino al luogo del supplizio dov'era conficcato stabilmente il palo verticale), fu costretto a esporsi agli insulti della gente sulla via che conduceva al Golgota. Le sofferenze che riproducono nel corpo mistico della Chiesa lo stato di morte di Cristo, sono un contributo alla redenzione degli uomini, e assicurano la partecipazione alla gloria del Risorto.

Piero Bargellini

venerdì 10 settembre 2010

393 - SECONDA DOMENICA DOPO IL MARTIRIO DEL PRECURSORE

Il brano del Vangelo di Matteo (21,28-32) appare chiaramente diviso in due parti. I vv 28-31a riportano la “parabola” dei due fratelli dal comportamento dissimile nei confronti della richiesta del loro padre di andare a lavorare nella vigna di famiglia. Chi dice: «Non ne ho voglia», poi «si pentì e vi andò», mentre chi con slancio dice subito: «Sì, signore», di fatto, «non vi andò». La parabola, è bene ricordarlo, è rivolta ai sommi sacerdoti e agli scribi (v 23).

Nella seconda parte: (vv 31b-32) abbiamo l’applicazione della parabola che si apre con la domanda retorica posta da Gesù ai suoi interlocutori seguita dal “detto” riguardante “i pubblicani e le prostitute” evidentemente raffigurati nel primo figlio. Essi, una volta pentiti, accolgono il volere di Dio e, perciò, «passano avanti nel regno di Dio», s’intende, ai sommi sacerdoti e agli scribi.

Il v 32 viene registrato il “detto” con il quale Gesù stesso pone in relazione la parabola con la predicazione del Battista a cui i capi hanno opposto un rifiuto. Essi, perciò, sono raffigurati nel secondo figlio.

I brani biblici odierni e il testo evangelico, in particolare, letti nel peculiare momento liturgico che prende avvio dalla memoria del martirio del Battista, ci invitano a guardare al cuore della predicazione e della missione del Precursore del Signore che prepara l’immediata sua venuta.

Al centro della predicazione del Battista è posto, come sappiamo, l’annunzio del regno di Dio, con il perentorio invito a prendere con urgenza una decisione davanti al Regno stesso. Decisione che comporta la conversione del cuore e della vita significata esteriormente nella successiva immersione battesimale nell’acqua.

Ciò che sorprende è che i più pronti ad accogliere e a credere alla predicazione di Giovanni sono persone di per sé ritenute perdute e irrimediabilmente irrecuperabili: “pubblicani e prostitute”, appunto, mentre i “capi” del popolo, dediti allo studio delle Scritture, non hanno accolto né “creduto” in Giovanni e nella sua predicazione.

Lo stesso avviene di fronte alla Parola vivente di Dio, a Gesù e alla sua predicazione. Egli è il Figlio obbediente che il Padre manda a lavorare “nella sua vigna”, nella «casa d’Israele» (Lettura: Isaia 5,7) che è, in verità, l’intera umanità. Egli, diversamente dal Battista, viene nel mondo non solo per “annunziare” che il regno di Dio “è vicino” ma per portare effettivamente, proprio nella sua persona, il regno di Dio e il conseguente estremo appello alla conversione e alla fede per potervi accedere.

Davanti a Gesù ogni uomo è perciò sollecitato a prendere una decisione che, come avverte la parabola, può risultare del tutto sorprendente e inattesa. C’è chi, al pari del “primo figlio”, trattenuto e come imprigionato dall’attaccamento al peccato, sembra rispondere a Gesù con un rifiuto, un “no” deciso. È il “no” detto da Paolo di Tarso, orgoglioso della “via della giustizia” ovvero dell’osservanza della Legge, finché non si arrende a Gesù il «Figlio di Dio che mi ha amato e ha consegnato sé stesso per me» (Epistola: Galati 2,20).

C’è chi, conducendo un’esistenza apparentemente irreprensibile anche dal punto di vista religioso sembra naturalmente candidato a entrare nel “regno”. Di fatto, credendosi a posto e ritenendo di camminare sulla “via della giustizia”, non avverte il bisogno di quella profonda conversione del cuore al volere di Dio indispensabile per cogliere l’urgenza del regno.

Tutto ciò deve far molto riflettere anche noi, membra della Chiesa, che, a ragione, ci chiamiamo “vigna” del Signore e «sua piantagione preferita» (Isaia 5,7). Non deve capitare che il Signore mentre si aspetta da noi “giustizia”, ossia prontezza nel fare il suo volere, debba ricevere invece “acini acerbi” ovvero presuntuosa chiusura e pratico rifiuto a obbedire e a credere!

(A. Fusi)

mercoledì 8 settembre 2010

392 - LA CHIAVE DEL PARADISO...

Trova il tempo di pensare.
Trova il tempo di pregare.
Trova il tempo di ridere.
È la fonte del potere.
È il più grande potere sulla Terra.
È la musica dell'anima.
Trova il tempo per giocare.
Trova il tempo per amare ed essere amato.
Trova il tempo di dare.
È il segreto dell'eterna giovinezza.
È il privilegio dato da Dio.
La giornata è troppo corta per essere egoisti.
Trova il tempo di leggere.
Trova il tempo di essere amico.
Trova il tempo di lavorare.
È la fonte della saggezza.
È la strada della felicità.
È il prezzo del successo.
Trova il tempo di fare la carità.
È la chiave del Paradiso...

(Iscrizione sul muro della "Casa dei Bambini", a Calcutta )

domenica 5 settembre 2010

391 - BEATA TERESA DI CALCUTTA

Le "Suore Missionarie della Carità" celebrano il "Centenario" della nascita della fondatrice Madre Teresa, il 26 Agosto 2010.

Il 5 Settembre si ricorda il 12° anniversario della sua morte, mentre il 19 Ottobre ricorrono i sei anni della Beatificazione.

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Il 26 agosto 2010, commemoriamo il centenario della nascita di Madre Teresa. Il 26 agosto 1910 è nata Gonxha Bojaxhiu. È diventata Madre Teresa di Calcutta dedicando completamente tutta la sua vita a Dio nel servizio ai più poveri dei poveri. Lei ha compiuto piccole cose con grande amore. Ha riconosciuto e amato la dignità di un figlio di Dio in ogni persona.

“Dio ci ha creati per cose grandi: amare ed essere amati”. Quando sperimentiamo l’amore di Dio per noi e le cure amorevoli degli altri comprendiamo che siamo unici e speciali. Siamo amati. E desideriamo condividere questo amore con gli altri. Dimostriamo il nostro amore offrendo un sorriso, tendendo le mani per aiutare, prestando attenzione, dicendo una parola gentile, usando parole di incoraggiamento. Il compito di ogni essere umano è di ricevere amore e dare amore agli altri.

Madre Teresa ha aperto il suo cuore all’amore verso tutti. È lei che continua ad invitare tutti noi ad aprire i nostri occhi per scorgere la dignità di figlio di Dio nel povero, e a portare pace e gioia [ai bisognosi] attraverso il nostro umile servizio. Può esserci nella mia famiglia qualcuno che si sente solo, non amato, bisognoso di essere accolto, perdonato o di ricevere una parola gentile. L’amore comincia nella casa, e oggi io posso essere il tramite dell’amore per questa persona.

Che il messaggio di Madre Teresa dell’amore che Dio offre a ogni uomo, donna e bambino possa renderci consapevoli che Dio ci ha creati per cose grandi, per amare ed essere amati. La nostra sincera disponibilità ad essere tramite dell’amore e della pace di Dio per i poveri sarà il più bel regalo che tutti noi possiamo preparare per la Madre nel suo centesimo compleanno.

(di Sr. Mary Prema, Superiora Generale delle Missionarie della Carità)


Un sito interessante per conoscere Madre Teresa, la sua spiritualità e la sua congregazione:

http://www.motherteresa.org/italian/layout.html

venerdì 3 settembre 2010

390 - PRIMA DOMENICA “DOPO IL MARTIRIO” DI S. GIOVANNI IL PRECURSORE

Gesù lasciò Nazaret e andò ad abitare a Cafarnao, sulla riva del mare ...
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Lettura: Isaia 30,8-15b: nel Battista si coglie tutto l’annuncio profetico, ben sintetizzato in questo testo di Isaia: al popolo che si ostina a non ascoltare la parola di Dio,viene ricordato che la salvezza può essere accolta solo da un atteggiamento di fede e di conversione.

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Salmo 50: convertici a te, Dio, nostra salvezza.

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Epistola: Romani 5,1-11: L’attesa profetica si compie in Gesù. La speranza non rimane delusa, poiché egli ci ha riconciliato con il Padre e nello Spirito Santo ha riversato il suo amore nei nostri cuori. A salvarci è un amore gratuito, che ci ama persino quando siamo peccatori.

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Vangelo: Matteo 4,12-17: Gesù inizia il suo ministero dopo l’arresto di Giovanni. Un tempo nuovo si apre: il tempo della profezia si compie nel tempo del Regno, che in Gesù si fa vicino alla nostra vita e la illumina. Proprio questa vicinanza rende ora possibile la conversione.

389 - CONVERTITEVI, IL REGNO DEI CIELI E’ VICINO

Il brano del Vangelo concerne l’esordio dell’attività pubblica di Gesù che coincide con l’uscita di scena di Giovanni Battista, fatto imprigionare da Erode (v 12). L’attività di Gesù prende avvio, non a caso, dalla Galilea, una regione con una notevole componente di popolazione pagana. L’evangelista con la citazione di Isaia 8,23-9,1 vuole inquadrarla da subito nel disegno divino di universale salvezza di cui è attuazione e compimento.

Gesù, infatti, non si limiterà a predicare al suo popolo ma la sua azione missionaria riguarderà tutte le “genti” oppresse, di fatto, dal potere tenebroso del male e sulle quali egli sfolgorerà come “grande luce”, ossia come salvezza. Essa, perciò, è resa accessibile nel Signore Gesù che annunzia e inaugura nella sua persona «il regno dei cieli» destinato a estirpare dall’umanità il regno delle tenebre. Di qui l’imperativo «convertitevi» (v 17).

Si tratta di distogliersi dal proprio “io” malvagio, dalla condotta cattiva, e rivolgersi con decisione al Signore Gesù. A lui, infatti, il Battista ha indirizzato e diretto il popolo che lo seguiva. Il suo arresto, in seguito alla “testimonianza” resa davanti a Erode, prepara e annuncia la sua morte che lo annovera nel numero dei profeti perseguitati e uccisi proprio a motivo del servizio da essi compiuto a Dio con l’annuncio della sua Parola. In ciò Giovanni viene legato a quello che sarà il destino dello stesso Gesù (cfr. Matteo 17,22; 20,18-19) e di chiunque intende “seguirlo” (cfr. Matteo 10,17-21; 24,9).

La Lettura evidenzia un dato inquietante presente nel popolo d’Israele e che deve far riflettere anche noi membri del popolo di Dio che è la Chiesa. È l’atteggiamento di chi non vuole ascoltare la Parola capace di smascherare convincimenti profondi e atteggiamenti molto radicati nel cuore dell’uomo chiamandolo a conversione.

Questi, infatti, non vuole piegarsi ad accogliere sinceramente la Parola, preferendo impostare la vita sulla propria volontà che porta a confidare «nella vessazione dei deboli e nella perfidia» (Isaia 30,12). Di qui il rifiuto dei predicatori della Parola: «Non fateci profezie sincere, diteci cose piacevoli, profetateci illusioni. Scostatevi dalla retta via, uscite dal sentiero, toglieteci dalla vista il Santo d’Israele» (Isaia 30,10-11).

Questa situazione in cui versava Israele è esemplare della situazione in cui versa l’umanità incredula in ogni tempo e che il profeta Isaia, citato nel brano evangelico odierno (Matteo 4,15-16), vede collocata «nelle tenebre e in regione e ombra di morte». Il disegno divino di salvezza che, a partire da Israele riguarda l’intera umanità, è di far sorgere in quell’"ombra di morte”, ossia di perdizione, “una luce” simbolo della divina presenza che salva.

I profeti, il Battista, sono le “lampade” che Dio ha fatto brillare nell’oscurità di questo mondo come annunzio della «grande luce» capace di mettere in fuga e, per sempre, le tenebre dalla storia e dal cuore dell’uomo. La «grande luce» è Gesù, il Figlio, «Luce da Luce».

In lui brilla e risiede concretamente la salvezza destinata a tutti i popoli e che l’Apostolo declina come giustificazione,riconciliazione, nel suo sangue (Epistola: Romani 5,1-11), nell’offerta cioè della sua vita.

La preghiera liturgica, dal canto suo, volge i cuori dei fedeli a colui che oggi e fino alla consumazione dei secoli strappa dal carcere oscuro del male attualizzando ciò che ha storicamente compiuto quando, «mosso a pietà degli errori umani, è voluto nascere dalla Vergine Maria; con la sua morte volontaria sulla croce ci ha liberato dalla morte eterna e con la sua risurrezione ci ha conquistato a una vita senza fine» (Prefazio).

(A. Fusi)

giovedì 2 settembre 2010

388 - LE CRISI DIMENTICATE - 3

In Pakistan e il Sudan è stato ostacolato l’accesso alle popolazioni intrappolate dalla guerra. Delle 225 notizie sul Pakistan, la maggior parte riguarda la cronaca di attentati e il resoconto delle violenze. Nella provincia del Balochistan, il lungo conflitto che infiamma la zona continua a rimanere nell’ombra dei riflettori dei media, la popolazione è vittima di una totale mancanza di cure mediche. Il Pakistan presenta uno dei tassi più alti di mortalità materno-infantile della zona. Il Sudan (con 112 notizie) e la situazione in Darfur è una crisi visibile a singhiozzo, concentrata sull’ordine di arresto della Corte Penale Internazionale per il presidente Bashir e sul rapimento di operatori umanitari di MSF. Proprio la riconducibilità a italiani o occidentali rende appetibile una notizia. Lo Yemen (54 notizie) appare invece nei telegiornali solo in caso di rapimento di occidentali o come possibile base terroristica.

La crisi più visibile della Top Ten è l’Afghanistan, il contesto di guerra più rappresentato in assoluto nei TG (1.632 notizie), con due focus principali: uno italiano (la missione militare) e l’altro statunitense. In Afghanistan la violenza colpisce il sistema sanitario già precario: solo pochi ospedali e centri di salute nei capoluoghi di provincia funzionano, ma a servizio ridotto.

Si parla di AIDS e di malnutrizione solo in caso di vertici internazionali o di visite del Pontefice in Africa. Tuttavia ogni anno da 3,5 a 5 milioni circa di bambini muoiono per cause legate alla malnutrizione, un decesso ogni sei secondi. E 178 milioni di bambini, di cui 20 milioni in forma grave, soffrono di questa malattia. I fondi stanziati per la ricerca, lo sviluppo, le terapie sono del tutto inadeguati, sia per quanto riguarda la malnutrizione che per l’AIDS e ciò ha gravi conseguenze per i pazienti. Sei milioni di persone malate di HIV/AIDS hanno bisogno di terapie antiretrovirali (ARV) nei paesi in via di sviluppo.

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387 - LE CRISI DIMENTICATE - 2

Le cosiddette “malattie tropicali dimenticate” (leishmaniosi viscerale/kala-azar, malattia del sonno, Chagas e ulcera di Buruli) si trovano in un totale cono d’ombra informativo. Le notizie ad esse dedicate sono state pari a zero, mentre di influenza suina, in soli 9 mesi, si è parlato in ben 1.337 notizie; 122 sono stati i servizi sui saldi e 246 quelli su tre mesi di caldo nel 2009. Eppure più di 400 milioni di persone al mondo sono a rischio a causa delle malattie tropicali. La ricerca e sviluppo di nuovi medicinali e presidi diagnostici sono privi di fondi sufficienti e ciò ha gravi conseguenze sui pazienti.

Alla Repubblica Democratica del Congo (RDC) sono state dedicate nel 2009 solo 7 notizie. In Congo, una delle crisi da anni presente nella “Top Ten”, è in corso un lungo conflitto che colpisce in particolare l’Est del paese. La tendenza dei TG è quella di interessarsi poco o nulla ai processi complessi delle crisi, privilegiando invece fatti straordinari e limitati nel tempo. E’ il caso dello Sri Lanka (53 notizie) con picchi di attenzione a maggio 2009, per poi sparire dal teleschermo nel secondo semestre. La crisi della Somalia (293) per i TG si consuma per lo più in mare, soprattutto per gli attacchi dei pirati a imbarcazioni italiane. Ma nel 2009 i somali hanno continuato a essere vittima della violenza indiscriminata: milioni di persone hanno bisogno urgente di cure sanitarie.

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386 - LE CRISI DIMENTICATE

Come tutti gli anni, l’Osservatorio di Pavia ha realizzato un’analisi quantitativa e qualitativa dello spazio dedicato dai telegiornali (Rai e Mediaset) alle dieci crisi individuate da Medici Senza Frontiere e, più in generale, ai contesti di crisi in tutto il mondo. L’analisi evidenzia un dato stabile rispetto agli anni precedenti: le notizie sulle crisi umanitarie nel 2009 sono state il 6% del totale (5.216 su 82.788), un dato identico a quello del 2008 (6%), ma sempre in linea con il calo di attenzione prestato alle aree di crisi in questi anni (il 10% nel 2006 e l’8% nel 2007). Il livello di attenzione nei TG, con meno di un decimo di notizie dedicate alle crisi, non dà segni di miglioramento nemmeno nel 2009.

Medici Senza Frontiere stila annualmente la “Top Ten”, identificando le crisi umanitarie più gravi, alcune delle quali del tutto ignorate dai media. La “Top Ten” del 2009 comprende: le malattie tropicali dimenticate; la guerra nella Repubblica Democratica del Congo (RDC); il conflitto nello Sri Lanka e in Yemen; gli scarsi finanziamenti per la lotta all’AIDS; le condizioni drammatiche per le popolazioni del Sudan; i fondi inadeguati per la malnutrizione; i civili intrappolati nella morsa della violenza in Pakistan, come in Somalia e Afghanistan, dove l’accesso alle cure per i civili è estremamente difficoltoso.

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mercoledì 1 settembre 2010

385 - APOSTOLATO DELLA PREGHIERA - SETTEMBRE

Generale: perchè nelle regioni meno sviluppate del mondo l'annuncio della Parola di Dio rinnovi il cuore delle persone, incoraggiandole ad essere protagoniste di un autentico progresso sociale.
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Missionaria: perchè aprendo il cuore all'amore, si ponga fine alle tante guerre e ai conflitti che ancora insanguinano il mondo.

384 - O TU CHE SEI IL MIO RIFUGIO

O tu che sei il mio rifugio e la mia fortezza, guidami, come un tempo il tuo servo Mosè, nel cuore del deserto, dove arde nel fuoco il roveto senza consumarsi (cf. Es 3), dove l'anima, pervasa dal fuoco dello Spirito Santo, diviene ardente, senza consumarsi, ma purificandosi. Dove non si può dimorare, e dove si può andare avanti soltanto dopo aver sciolto i legami degli intralci carnali, dove Colui che è, senza dubbio non si lascia vedere così come è, dove tuttavia lo si sente dire : « Io sono colui che sono ! ». Là, occorre ancora coprirsi il volto per non guardare il Signore faccia a faccia (1 R 19, 13), ma ci si deve esercitare a prestare ascolto, nell'umiltà dell'ubbidienza, per distinguere ciò che Dio dice nel profondo del cuore.
Intanto, Signore, nascondimi nel segreto della tua tenda (Sal 27, 5) nel giorno della sventura ; nascondimi nel segreto del tuo volto, lontano dalla rissa delle lingue (Sal 31, 21) ; perché il tuo giogo così dolce e il tuo carico così leggero (Mt 11, 30), me li hai imposti tu. E quando mi fai sentire quanto il tuo servizio sia lontano da quello del secolo, con la tua voce tenera e dolce mi chiedi se è più gradevole servire te, il Dio vivente, o gli dei stranieri. Allora, adoro quella mano che pesa su di me e ti dico : « Mi hanno dominato così a lungo, i padroni diversi da te ! Voglio appartenere solo a te, perché il tuo braccio mi solleva ! »

Guglielmo di Saint-Thierry (circa 1085-1148), monaco benedettino poi cistercense