Parrocchia S. Gerolamo Emiliani di Milano - Blog

Il Blog "Insieme per..." vuole proporre spunti di riflessione e di condivisione per costruire insieme e fare crescere la comunità della parrocchia di San Gerolamo Emiliani di Milano, contribuendo alla diffusione del messaggio evangelico.

venerdì 26 febbraio 2010

242 - II DOMENICA DI QUARESIMA

È contraddistinta dal titolo di "domenica della Samaritana" a motivo del brano evangelico in essa sempre proclamato, quello cioè dell’incontro tra Gesù e la Samaritana al pozzo di Giacobbe, brano ritenuto particolarmente idoneo ad accompagnare l’itinerario graduale e progressivo dei catecumeni come dei fedeli alla piena partecipazione di fede alla Pasqua del Signore, evento in cui è condensata la "salvezza".

Deuteronomio 11,18-28: La Quaresima propone un cammino battesimale, la cui prima condizione è l’ascolto di una Parola che riempie tutti gli ambiti della vita: l’agire e il comprendere, la dimensione familiare della casa e quella pubblica della vita, la propria vita e quella dei figli.

Salmo 18: Signore tu solo hai parole di vita eterna.

Epistola: Galati 6,1-40: Istruiti dalla Parola, possiamo seminare nello Spirito, i cui segni sono la disponibilità a portare gli uni i pesi degli altri, la perseveranza nel fare il bene verso tutti, la vigilanza sulla propria vita, il perdono e la correzione verso gli altri.

Vangelo: Giovanni 4,5-42: Anche la Samaritana fa l’esperienza della parola di Gesù che la conosce profondamente, dice la sua verità non perché svela i suoi segreti, ma perché calma la sua sete. La Parola conduce nel vero rapporto con Dio e ci rende testimoni.

Il brano evangelico riporta il breve soggiorno di Gesù in terra di Samaria. Il brano appare così strutturato: i vv 5-6 ambientano il racconto quanto al luogo e al momento, e presentano il protagonista, ossia Gesù, affaticato e assetato, seduto presso "il pozzo di Giacobbe". I vv 7-26 riportano il dialogo tra Gesù e la "donna samaritana" che appare sviluppato nello stile proprio dell’evangelista Giovanni, vale a dire con una serie di domande che in un primo momento risultano incomprensibili, per arrivare poi alle parole di rivelazione: rispettivamente sul dono dell’"acqua viva" (vv 13-14), su Gesù quale "profeta" (vv 19-20), sull’"adorazione" che Dio vuole (vv 21-24) e infine sull’autorivelazione di Gesù quale Messia (v 26).

I vv 27-38 aprono nuovi scenari di rivelazione con cui Gesù mette a parte i suoi discepoli sul significato più profondo della sua esistenza: fare la volontà del Padre compiendo l’"opera" per cui è stato inviato (vv 31-34) e la "missione" che Gesù affida, a sua volta, ai discepoli (vv 35-38).

L’ultima parte (vv 39-42) è incentrata sulla professione di fede in Gesù fatta dai Samaritani: «noi stessi abbiamo udito e sappiamo che questi è veramente il salvatore del mondo».

Trattandosi di un testo appositamente scelto per accompagnare il cammino di fede verso la partecipazione alla pienezza del mistero della nostra salvezza, vale a dire la Pasqua del Signore, è bene rivolgerci alla sapienza interpretativa propria della preghiera liturgica e segnatamente del Prefazio della Messa.

Esso offre una chiave di lettura dell’intero brano proclamato, come a dire: tutto ciò che vi si legge, a proposito delle parole e dei gesti di Gesù, va capito come una manifestazione o rivelazione del «mistero della sua condiscendenza verso di noi». Tale espressione dice il senso ultimo e la motivazione della storia della salvezza: essa rivela l’amore di Gesù e la sua disponibilità senza riserve verso l’umanità intera che, al pari della Samaritana – una donna tarda a credere e dal comportamento non certo irreprensibile –, non ha titolo né merito per essere oggetto della "condiscendenza" divina.

Essa è pertanto il segno della incomprensibile bontà di Dio nei nostri confronti; una bontà che spinge il Signore ad assumere una "carne" identica alla nostra, ossia la nativa nostra umana inconsistenza e fragilità e ad umiliarsi fino alla morte e alla morte di croce! Ed è proprio tale "condiscendenza" che porta Gesù a sedersi "stanco e assetato", presso un pozzo, nell’ora più calda del giorno e a chiedere da bere a una donna "samaritana" appartenente cioè a un’etnia contrapposta a quella da cui viene Gesù "secondo la carne". Egli fa tutto ciò, sottolinea il Prefazio, per aprire la mente della Samaritana «alla fede; desiderando con ardente amore portarla a salvezza, le accendeva nel cuore la sete di Dio».

Dobbiamo riconoscere come la sapienza orante della Chiesa riesce a far emergere il momento centrale del complesso brano evangelico che, di fatto, mira a condurre, come in un crescendo, la "donna samaritana", ma anche i "discepoli" e "i Samaritani di quella città" e, in prospettiva, i futuri lettori ed ascoltatori, alla proclamazione di fede in Gesù.

Lui solo, in verità, è in grado di appagare la "sete" più profonda del cuore: la sete di vita; la sete di Dio, di comunione con lui. Solo Gesù, infatti, dispone e può, di conseguenza, donare l’"acqua viva" che è la sua Parola di rivelazione ed è la grazia dello Spirito Santo che interiorizzando la Parola, ci dona di credere e di obbedire ad essa.

Un simile dono, promesso alla Samaritana presso un "pozzo", allusione questa alle meraviglie operate da Dio per il suo popolo, è di fatto donato dal Signore nell’ora della croce, quando dal suo fianco, trafitto dalla lancia del soldato, uscì "acqua e sangue". È il dono che estingue già, fin da ora, la "sete" di chi crede e s’immerge, attraverso il Battesimo, nella pienezza della "condiscendenza" del Signore vale a dire l’offerta della sua vita nella morte di croce.

L’ascolto delle Scritture, in questa seconda domenica di Quaresima, è così destinato a farci riconoscere che anche tutti noi siamo stati effettivamente raggiunti dalla "condiscendenza" del Signore che, nel suo Vangelo, ci dona "l’acqua viva" ossia la rivelazione della "benevolenza" di Dio nei nostri confronti. Benevolenza che invita, chi crede, a vivere in comunione con lui, vera nostra "sete", unico nostro desiderio. Comunione peraltro visibilmente donata nella rigenerazione battesimale e, ogni giorno, nella partecipazione alla mensa eucaristica del corpo e del sangue del Signore. (A.Fusi)