Parrocchia S. Gerolamo Emiliani di Milano - Blog

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venerdì 22 gennaio 2010

218- III DOMENICA DOPO L'EPIFANIA

Il brano del Vangelo va letto tenendo presente il racconto della prima moltiplicazione dei pani e dei pesci (Matteo 14,13-21) e come continuazione di Matteo 15,29-31, che narra l’opera di Gesù presso il "mare di Galilea" a favore degli uomini colpiti da varie malattie. Il testo rivela anzitutto il sentimento di Gesù squisitamente umano, vale a dire la "compassione", che rimanda a quella del Padre, di Dio, già magnificata nella rivelazione vetero-testamentaria.

Nel passo citato di Matteo 15,29-31, oggetto della sua compassione sono gli uomini afflitti dalla malattia, mentre qui sono quelli che non hanno di che sfamarsi. È questo, infatti, il primo livello di comprensione del testo evangelico che non va immediatamente superato per coglierne la dimensione "spirituale". Qui Gesù viene anzitutto incontro alla "fame" intesa come bisogno primario di ogni uomo e se ne fa carico personalmente coinvolgendo direttamente i suoi discepoli e, dunque, in prospettiva anche noi che crediamo in lui e ci proponiamo di seguirlo.

In questo testo, i sette pani e i pochi pesciolini, presumibilmente la scorta di cibo per il loro cammino dietro il Maestro, sono richiesti e forniti dai "discepoli" di Gesù. E sono proprio quei pani e quei pesci, sui quali Gesù pronunzia la "preghiera di benedizione", che essi stessi dovranno distribuire alla gente in misura tale da far sì che tutti ne mangino "a sazietà" e addirittura ne avanzi "sette sporte piene", ad indicare l’esuberanza e la sovraeccedente bontà del Signore nei confronti della folla e, dunque, di ogni uomo che è nel bisogno.

Un simile atteggiamento evoca e prolunga quello di Dio stesso che prepara per il suo popolo non solo il dono di una "terra" propria, ma di una terra dove "scorrono latte e miele" e i cui prodotti sono tra quelli più apprezzati nell’antico vicino Oriente: "uva, melograni e fichi" (cfr. Lettura: Numeri 13,23.27). Con ciò, da Gesù stesso, viene alla Chiesa di tutti i tempi, come allora ai suoi discepoli, l’invito a non tirarsi indietro davanti alle essenziali esigenze materiali e fisiche dell’uomo. Al pari di Gesù, la cura pastorale della Chiesa è perciò rivolta all’uomo, a tutto l’uomo e dunque anche ai suoi bisogni di liberazione dalle impellenze primarie per la sua stessa dignitosa esistenza. Ed è ciò che la Chiesa, da sempre, continua a fare dietro esplicita indicazione del suo Signore e Maestro!

L’Epistola paolina ci fornisce, al riguardo, la testimonianza, per noi normativa, della Chiesa apostolica, nella quale la cura e la premura verso l’uomo è considerato il segno dell’obbedienza e dell’accettazione del Vangelo di Cristo (2Corinzi 9,13) e, inoltre, come un "servizio sacro" destinato non solo a provvedere "alle necessità dei santi", ma anche a "suscitare molti ringraziamenti a Dio" (v 12).

Nei pani e nei pesci che sfamano con sovrabbondanza le folle che lo seguono, Gesù mostra di avere in serbo un "cibo": il suo "corpo" e il suo "sangue", in grado di venire incontro, in esuberante pienezza, a ogni più vera e profonda necessità dell’uomo: quella di avere parte alla vita stessa di Dio, vita finalmente liberata e affrancata da ogni contagio del male e soprattutto dal potere della morte. Una vita cioè del tutto trasformata «a causa della straordinaria grazia di Dio» (2Corinzi 9,14) che ci è data nel suo Figlio Gesù.

(A.Fusi)

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Lettura: Numeri 13,1-2.17-27; Salmo 104; Epistola: 2Corinzi 9,7-14; Vangelo: Matteo 15,32-38.

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